Il “Tavolo dell’Unità” scricchiola, smarrito nel suo labirinto

Il “Tavolo dell’Unità” scricchiola smarrito nel suo labirinto
Il “Tavolo dell’Unità” scricchiola smarrito nel suo labirinto
Il “Tavolo dell’Unità” scricchiola smarrito nel suo labirinto

Mauro Bafile

Se in Colombia la speranza è riposta nel secondo accordo appena concluso tra Governo e Farc, per porre punto finale ad una vecchia guerra fratricida che da decenni si combatte senza sosta né esclusione di colpi; in Venezuela l’attenzione è concentrata sul “dialogo” che Governo e Tavolo dell’Unità hanno iniziato per restituire al paese una stabilità istituzionale e, con essa, iniziare una ripresa economica che assicuri una qualità di vita accettabile al venezuelano.

Il Governo continua arroccato sulle sue posizioni, chiaramente esposte domenica scorsa dal capo dello Stato e, sembrerebbe, tacitamente accettate dai mediatori dell’Opposizione. Il presidente Maduro, che ha firmato una nuova proroga del “Decreto d’Emergenza Economica”, ha confermato che il programma elettorale continuerà invariato. Ovvero, le elezioni dei Governatori, dei Sindaci e delle amministrazioni locali in generale, che secondo la Costituzione dovrebbero svolgersi nel mese di dicembre, saranno realizzate alla fine del primo semestre dell’anno prossimo, mentre non subirà alterazioni il “ruolino di marcia” per le presidenziali, previste per il 2018.

Una volta che il Consiglio Nazionale Elettorale ne fisserà la data, saranno invece ripetute le elezioni nello Stato Amazonas. Il Parlamento, quindi, dovrà scorporare definitivamente i tre deputati eletti nelle elezioni politiche precedenti ed accettare, suo malgrado, che nelle elezioni parlamentari sono stati commessi brogli. Lo farà? Staremo a vedere.

Il Tavolo dell’Unità scricchiola, esita prigioniero nel suo labirinto; labirinto che si è costruito dopo la decisione di privilegiare il Referendum revocatorio sulle elezioni amministrative. La consulta popolare è apparsa, ai leader del “Tavolo”, il collante necessario per mantenere assieme e in vita l’eterogenea Opposizione che solo così può rappresentare una maggioranza politica rilevante.

Cedendo alle pressioni delle correnti radicali, poco numerose ma senz’altro assai attive, ha trascurato le elezioni amministrative. Queste, lo abbiamo scritto in tempi non sospetti, rappresentano il vero potere politico: quello che permette a partiti e leader di stare accanto agli elettori, di conoscere le necessità dei cittadini e interpretarne gli umori.

La conquista delle amministrazioni regionali, al contrario del Referendum revocatorio, era a portata di mano. Un trionfo dell’Opposizione, dopo quello ottenuto dal Parlamento, avrebbe rappresentato un duro colpo per la credibilità del Governo e avrebbe indebolito, facendo emergere tutte le contraddizioni interne, il “Partido Socialista Unido de Venezuela”.

Se per il Referendum era necessario seguire un cammino irto di ostacoli e sottomettersi alle pratiche dilatorie dell’organismo elettorale, per le elezioni regionali tutto era già stabilito dalla Costituzione e dalla consuetudine. Non realizzarle, senza una giustificazione plausibile, sarebbe stato impossibile per il Consiglio Nazionale Elettorale.

Ma, con molta probabilità, il Tavolo dell’Unità ha temuto, forse con ragione, l’implosione. In altre parole, che la lotta degli aspiranti a Governatori, a Sindaci o, semplicemente ad assessori comunali potesse creare crepe irreparabili e provocare ferite insanabili tra i “soci” del “Tavolo”. Se così fosse stato, e pochi ne dubitano, le divisioni avrebbero irrimediabilmente provocato la scissione dell’alleanza.

Lilian Tintori e Maria Corina Machado, donne in lotta...
Lilian Tintori e Maria Corina Machado, donne in lotta…

Messo all’angolo, ora, il “Tavolo dell’Unità” è impantanato in un dialogo col governo che rischia di indebolirlo e di allontanarlo dagli elettori. Il linguaggio impiegato nel comunicato ufficiale è parso alla stragrande maggioranza una rinuncia a priori alle bandiere che, fino a ieri, erano state la ragione d’essere dell’alleanza molto ampia e diversa.

Come affermano Willy McKey e Luis Vicente León, nel portale Prodavinci.com, anche il linguaggio ha un suo peso. E, spesso, è rilevante. Ad esempio, espressioni come “persone detenute” invece di “prigionieri politici”, “boicottaggio” e “aggressione economica” che richiamano alla mente la terminologia governativa – leggasi, “guerra economica” -, appaiono come una resa. Sono concessioni, forse necessarie per avanzare nel dialogo e raggiungere gli obiettivi desiderati, che hanno il sapore amaro della sconfitta.

Ma l’attenzione dei venezuelani non è solo rivolta al confronto, il più delle volte dai toni assai aspri, tra Governo e Opposizione ma anche, anzi soprattutto, all’economia domestica. E’ la quotidianità che colpisce più d’ogni altra cosa l’operaio, la domestica, lo studente, il professionista e la casalinga.

Con un dollaro che ha rotto gli ormeggi e un’inflazione che pare superare largamente le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, la classe media destina oramai più dell’80 per cento dello stipendio all’acquisto dei generi alimentari mentre quella più umile è precipitata nell’abisso della povertà assoluta. Per questo, è sempre più frequente osservare un numero crescente di venezuelani rovistare tra i rifiuti dei “mercati generali”, dei supermarket o solo dei piccoli generi alimentari.

People queue to try to buy basic food items outside a supermarket in Caracas, April 22, 2016. REUTERS/Carlos Garcia Rawlins -------------------------------------------------------------------------------------------
People queue to try to buy basic food items outside a supermarket in Caracas, April 22, 2016. REUTERS/Carlos Garcia Rawlins
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I senzatetto, poi, trascorrono la notte tra un sacco dell’immondizia e l’altro, cercando di arrivare prima della nettezza urbana. E il panorama futuro, viste le previsioni che si hanno sul costo della vita, appare assai buio. Infatti, stando a un recente sondaggio di Conindustria, si stima per il prossimo anno un’inflazione del 1.250 per cento, assai lontana dalle proiezioni dei portavoce del governo.

Il futuro economico del paese molto dipenderà dall’andamento del mercato petrolifero. Nonostante le ripetute dichiarazioni del presidente Maduro, e di esponenti del Governo, pare assai lontano un accordo sulla produzione in seno all’Opec. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede una crescita della domanda di greggio, nel 2017, pari all’1,2 per cento.

E’ un incremento, questo, simile alla crescita dell’offerta. Anzi, questa potrebbe subire un incremento ulteriore qualora l’organizzazione dei produttori di petrolio non dovesse raggiungere un accordo e ridurre la produzione. Oggi l’offerta dell’Opec si aggira attornoai 30 milioni di barili al giorno. L’ago della bilancia, come sempre, è l’Arabia Saudita. Questa potrebbe non accettare un tetto alla produzione nel timore di dover cedere quote di mercato all’industria del fracking, qualora il prezzo dovesse superare determinati livelli.

Il Venezuela produce petrolio pesante. E questa non è novità. La viscosità del greggio è tale che, per la sua elaborazione nelle raffinerie locali, ha bisogno di altri ingredienti. Ad esempio, petrolio leggero come il “SaharanBlend” che il Venezuela importa dall’Algeria. Per far fronte alle spese, dopo la contrazione dei prezzi del greggio nei mercati internazionali, la holding petrolifera nazionale ha ridotto drammaticamente, e in alcuni casi bloccato definitivamente, la distribuzione di petrolio che non crea proventi.

Le circostanze internazionali, che incidono sul prezzo del petrolio dal quale dipende il 95 per cento dell’economia, si riflettono pesantemente sulle riserve internazionali. Queste rappresentano a volte il termometro attraverso il quale misurare la buona salute di un’economia. Stando alla Banca Centrale, quelle del Venezuela, la settimana scorsa, si stimavano in appena 10,9 miliardi di dollari, un livello molto basso e poco rassicurante.

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