Libertà di fede, in 38 Paesi non è consentito professare la propria religione

Libertà di fede, in 38 Paesi non c'è, 1 su 5 nel mondo
Libertà di fede, in 38 Paesi non c’è, 1 su 5 nel mondo

ROMA.- La libertà di fede non è un diritto garantito ovunque: in 38 Paesi, sui 196 nel mondo, praticamente 1 su 5, non è consentito professare la propria religione senza incorrere in discriminazioni o vere e proprie persecuzioni. La maglia nera, in una situazione complessiva che risulta peggiorata rispetto all’ultimo Rapporto, spetta alla Corea del Nord, perché in questo Paese è finanche difficile raccogliere informazioni certe sullo stato dei diritti umani. Ma tra gli Stati dove la libertà religiosa è maggiormente compromessa figurano Bangladesh, Eritrea, Kenya, Pakistan, Sudan, Yemen per citarne alcuni.

A presentare il Rapporto 2016 sulla libertà religiosa è stata la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. La sua ‘mission’ è quella di aiutare le comunità cristiane che sono maggiormente in difficoltà ma questo Rapporto, alla sua XIII edizione, esamina la situazione di tutte le religioni.

“Il Rapporto è uno strumento per sostenere le comunità perseguitate attraverso i progetti”, ha detto Alfredo Mantovano, Presidente di Acs-Italia. Delle 196 nazioni esaminate nel Rapporto, ha spiegato il direttore di Acs-Italia Alessandro Monteduro, “38 sono quelle che versano nella situazione più difficile. Di queste, 23 subiscono le persecuzioni più efferate. Sette sono i Paesi per i quali è difficile perfino immaginare una classificazione, e dunque quelli in cui la libertà religiosa è in maggiore pericolo: Arabia Saudita, Iraq, Siria, Afghanistan, Somalia, Nord Nigeria e Corea del Nord.”.

Il Rapporto, ha concluso, “è uno strumento per restituire la speranza ai perseguitati attraverso i nostri progetti”. Il Presidente Internazionale di Acs, card. Mauro Piacenza, ha affermato che “la libertà religiosa deve essere tutelata in ogni ordinamento giuridico”.

A seguire l’intervento del giudice costituzionale Giuliano Amato, il quale ha sottolineato che “il vero problema è l’attuale fondamentalismo religioso. E alla radice del fondamentalismo c’è la laicizzazione estrema che intende sradicare la religione, e che genera una reazione identitaria”. Amato ha concluso dichiarando che “si possono fare guai anche con la laicité francese, perché essa può favorire la reazione fondamentalista”.

Tra gli effetti delle discriminazioni sul piano religioso c’è – secondo gli analisti di Acs – anche “il massiccio aumento del numero di rifugiati nel mondo che nel 2015, secondo dati forniti dalle Nazioni Unite, sono aumentati di circa 5,8 milioni giungendo alla quota record di 65,3 milioni”.

La violazione della libertà di fede non è comunque prerogativa solo di alcuni Paesi. Anche in Italia, dove la legislazione garantisce ampiamente questo diritto, ci sono questioni sulle quali si sono verificati negli ultimi due anni anche episodi di discriminazione religiosa. A dividere sono state le unioni civili, la teoria del gender e la sua diffusione nelle scuole, la famiglia.

Per ricordare al mondo la persecuzione a causa della fede, verrà illuminato di rosso il Cristo di Rio de Janeiro, come era avvenuto per la Fontana di Trevi a Roma lo scorso aprile. Il 23 novembre sarà invece la volta di Westminster a Londra.

(di Manuela Tulli/ANSA)