Sicurezza, Milano: sociologo, inutile l’esercito

Sicurezza: Milano; sociologo, inutile l'esercito
Sicurezza: Milano; sociologo, inutile l'esercito
Sicurezza: Milano; sociologo, inutile l’esercito

MILANO. – “Il dispiegamento dell’esercito nelle periferie, così come le operazioni di ripulitura dei boschi condotte con le ruspe, possono avere l’effetto placebo di una sicurezza ritrovata, ma anche alimentare il senso di precarietà, nonché il timore di essere criminalizzati per il quartiere e i suoi abitanti da parte delle istituzioni e dei concittadini. Soprattutto, la presenza dell’esercito, non coglie minimamente nel segno”.

E’ la posizione di Fabio Armao, sociologo e docente ordinario all’Università di Torino, che da sei mesi cura il progetto di ricerca internazionale sulle gang e le periferie ‘Gangcity’. Emerge – dice in sintesi il docente di Processi della globalizzazione – la necessità di intervenire perché venga risolto il problema attraverso maggiori investimenti nelle forze dell’ordine tra cui la cosiddetta polizia di prossimità e nei progetti di inclusione sociale.

“Milano, come tutte le grandi città – afferma Armao – deve confrontarsi con un’invadenza crescente da parte dei vari marchi della criminalità organizzata. ‘Ndrangheta e maras latino-americane costituiscono i due estremi di una sorta di catena criminale: sono gruppi dotati di un diverso livello di radicamento nel territorio, un diverso grado di strutturazione e una diversa audience di riferimento.

Coprono fasce differenti del mercato criminale: la ‘Ndrangheta o Cosa nostra, ormai capaci di attingere risorse nell’area grigia della collusione garantita dal mondo imprenditoriale e politico; le gang dedite a reclutare tra gli adolescenti incapaci di integrarsi nella scuola e nella comunità di appartenenza e desiderosi di accedere, anche a costo di sofferenze, a una forma di identità e di appartenenza”.

“La risposta – conclude – non può che passare attraverso la riappropriazione del territorio da parte delle istituzioni e dei cittadini stessi. Ma con forme di socialità partecipata, facilitata dalle nuove tecnologie informatiche, recupero degli spazi degradati all’utilizzo pubblico, apertura di open space di ascolto delle esigenze dei cittadini.

E se un controllo va pure esercitato, questo deve essere affidato alla polizia e non all’esercito, una strategia promossa persino dalle Nazioni Unite come risposta alla violenza cronica delle megalopoli dei Paesi in via di sviluppo: le politiche di tolleranza zero hanno soltanto l’effetto di suscitare una vera e propria escalation della mortalità, oltre ad avere costi economici ben superiori alle politiche di inclusione sociale”.

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