Dopo il referendum difficile sciogliere le Camere. Il ruolo del Colle

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ROMA. – Le sue dimissioni, per il rifiuto di “restare a galleggiare”, e il rifiuto di accordarsi per “un governo di scopo o tecnico”. E’ questo lo scenario che Matteo Renzi, alle ultime battute della campagna elettorale, tratteggia in caso di vittoria del No al referendum. Anche se per il premier si tratterebbe solo di una ipotesi di scuola, dal momento che “il SI’ vincerà”.

Ma se vincesse il NO, avvertono gli osservatori di maggioranza e opposizione, si entrerebbe in terra di nessuno, senza esiti scontati. Sia perché, come ammette lo stesso premier, in ogni caso si dovrebbe cambiare l’Italicum. Sia perché, notano fonti parlamentari, la bocciatura della riforma non farebbe di per sé mancare la maggioranza politica in Parlamento e dunque il presidente Sergio Mattarella, da arbitro qual è, non potrebbe sciogliere le Camere se il governo continuasse ad avere la fiducia.

Interpellate al riguardo fonti del Quirinale chiariscono che il Capo dello Stato non entra in questo dibattito fatto solo di ipotesi. Sono solo elucubrazioni, affermano gli uomini vicini al premier, perché al momento non si prende in considerazione che il ‘piano A’: la vittoria del Sì.

Finora, da Angelino Alfano a Pier Luigi Bersani, gli esponenti della maggioranza che prendono posizione in chiaro chiedono che Renzi resti anche in caso di sconfitta. Ma nessuno dubita che il presidente del Consiglio salirebbe al Quirinale a rassegnare le dimissioni. E potrebbe rinviarne la formalizzazione – spiegano i renziani – solo di un paio di settimane, il tempo necessario per varare la manovra e non lasciare l’Italia ‘scoperta’.

Dopo quel momento, però, si aprirebbe una partita tutta nuova innanzitutto nel Pd. Qualche renziano si spinge a ipotizzare che il premier in caso di sconfitta premerebbe per modifiche lampo all’Italicum ed elezioni anticipate. Ma nella maggioranza Pd c’è chi sostiene che potrebbe essere disposto ad accettare un governo ‘a termine’, per il tempo necessario ad approvare le modifiche alla legge elettorale e arrivare al voto (magari in primavera).

Aggiungono che è improbabile che Renzi accetti di restare a guidarlo, ma la scelta potrebbe cadere su un ministro a lui vicino come Paolo Gentiloni o Carlo Calenda, ma anche Pier Carlo Padoan. l’eventuale vittoria del NO rischierebbe però di cambiare gli equilibri interni al Pd: tra gli 87 senatori di maggioranza Dem, infatti, nessuno dimentica che solo 13 sono renziani della prima ora, una quindicina sono i Giovani turchi ma un peso preponderante hanno i ‘franceschiniani’, che furono già decisivi nel passaggio da Letta a Renzi.

E poiché al Senato bastano pochi voti a fare la differenza, sarebbero decisivi anche i 20 bersaniani e gli alfaniani-verdiniani nel decidere le sorti della legislatura.

Chi ragiona in questa chiave, osserva che dunque la partita non sarebbe solo in mano a Renzi. E resterebbe spazio per un governo istituzionale magari guidato da Pietro Grasso. In ogni caso, dopo il 4 dicembre il crocevia di questa partita, affermano fonti parlamentari, sarebbe il Quirinale e ogni nuovo equilibrio andrebbe verificato in Parlamento.

Tra l’altro Mattarella, osserva più d’un parlamentare, non potrebbe ignorare che chiunque vinca il referendum, alle Camere resterebbe tanto “lavoro istituzionale” da fare. Tutt’altro scenario con la vittoria del Sì: sarebbe Renzi a dare le carte sulle modifiche all’Italicum (il sistema elettorale sarà determinante anche per gli assetti futuri di centrodestra e centrosinistra), i tempi del congresso del Pd.

E non è detto che, come oggi scommettono in molti, chiederebbe di anticipare le elezioni. Anzi, in ambito renziano le ipotesi più quotate sono l’autunno 2017 o la scadenza naturale, febbraio 2018. Anche perché nella primavera 2017 ci sono due appuntamenti cui Renzi tiene molto, il vertice Ue di Roma e il G7 a Taormina. E passerà anche da lì la lunga volata alle politiche, cui il premier potrebbe presentarsi con una nuova squadra di governo: anche se lui ha negato fino ad ora ipotesi di rimpasto.

(di Serenella Mattera/ANSA)