Aborto: l’Italia tra i peggiori Paesi in Europa per la tutela delle donne

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ROMA. – Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per tutela della salute delle donne che vogliono abortire. Con una media del 70% di ginecologi obiettori e otto regioni in cui oscilla tra l’80% e il 90%, “siamo quasi ai livelli dei paesi in cui l’aborto è vietato, ovvero Irlanda e Polonia. E anni luce lontana da paesi come la Francia dove l’obiezione di coscienza è al 7%, il Regno Unito al 10%, o i paesi scandinavi dove l’obiezione di coscienza non esiste”.

Sono i dati illustrati, nel corso di un incontro alla Casa internazionale delle donne, da Silvana Agatone, presidente della Laiga (Associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/78), che chiede “un albo degli obiettori per ogni ospedale, affinché le donne possano informarsi prima su chi le avrà in cura”.

“A fronte di questi numeri è in pericolo la salute, e a volte anche la vita, delle donne. Gli obiettori non dovrebbero lavorare in reparti in cui si praticano aborti”, denuncia Christian Fiala, past president della Federazione Internazionale Aborto e Contraccezione (Fiapac).

Per arginare il fenomeno, spiega Agatone, “chiediamo di prevedere almeno un ospedale per provincia dove si eseguano interruzioni di gravidanza, sia entro i 90 giorni che dopo questo termine per effettuare aborto terapeutico. E, soprattutto, un albo pubblico dei singoli ospedali dove siano inseriti i dati sull’obiezione di coscienza relativi”.

Solo il 60% degli ospedali, secondo dati del Ministero della Salute, offre interruzione di gravidanza, cosa che invece andrebbe per legge offerta in tutti. “Il problema, inoltre, – denuncia Loredana Taddei, responsabile politiche di genere Cgil Nazionale – non riguarda solo i ginecologi. L’obiezione riguarda anche anestesisti, attrezzisti di sala, infermiere che si rifiutano inserire un ago in vena. Persino farmacisti e operatori dei consultori”.

Pochi sanno però, specifica il magistrato Aniello Nappi, che “non è legittima l’obiezione per le procedure pre e post aborto. E’importante che siano conosciuti i limiti per non permettere forme di boicottaggio atte a perpetuare aborti clandestini”.

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