Nell’ultimo scorcio di campagna Renzi cambia atteggiamento

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, partecipa a un incontro per il sì al referendum al Palazzo dei Congressi di Cagliari, 16 novembre 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI-TIBERIO BARCHIELLI ------------------------------------------------------------------------------------------
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, partecipa a un incontro per il sì al referendum al Palazzo dei Congressi di Cagliari, 16 novembre 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI-TIBERIO BARCHIELLI ------------------------------------------------------------------------------------------
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, partecipa a un incontro per il sì al referendum al Palazzo dei Congressi di Cagliari, 16 novembre 2016.
ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI-TIBERIO BARCHIELLI
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ROMA. – Dopo una serie di fughe in avanti anche dei suoi, Matteo Renzi nell’ultimo scorcio di campagna referendaria mette un freno, almeno in pubblico, a scenari e piani B sul dopo-referendum. D’intesa con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, anche dopo il colloquio al Quirinale, il premier ha deciso di dare l’esempio e di “scalare la marcia”, abbassando per primo i toni.

E depotenziando l’effetto sui mercati di una vittoria del No: “Sanno benissimo come salvare la pelle”, dice il premier che consolida l’asse con Sergio Marchionne, il quale spera “fortemente” che il governo vada avanti ma è convinto che in ogni caso “sarà una situazione gestibile”.

A dieci giorni dal voto sulla riforma, sono troppe le variabili, dentro e fuori la politica, per azzardare uno scenario certo. Siamo ancora alle previsioni e agli schieramenti sia nazionali sia internazionali: adesso l’Economist si è schierato per il No dopo che Ft e Wsj avevano tirato la volata al Sì. Scelte che, ragionano in ambienti renziani, creano discussione solo tra gli addetti ai lavori, lasciando quasi indifferenti i cittadini così come, è convinto il leader Pd, “un paese maturo va a votare con grande libertà senza inseguire le ultime polemiche o inchieste”.

Per capire che cosa succederà dopo il 4, oltre all’esito, sarà determinate, ragionano dentro i partiti, lo scarto tra chi vincerà e chi perderà. Per avere un margine sicuro, Renzi punta ad un’affluenza del 60 per cento ma anche il fronte del No crede che più gente vota più ci siano chance di bocciare la riforma.

Il ministro Maria Elena Boschi ha chiarito che si vince con un voto di più ma se dalle urne dovesse emergere una spaccatura del paese è chiaro che Renzi, ad un anno dalle previste elezioni del 2018, dovrebbe lavorare per rimarginare la frattura. Ma le percentuali saranno fondamentali soprattutto in caso di vittoria del No.

Renzi continua a dire di non essere un uomo adatto a governi tecnici o di scopo ma se lo scarto del No sul sì dovesse essere minimo, ragionano ambienti parlamentari, il premier dovrebbe fare i conti sia con il pressing dei suoi ministri e alleati a restare al governo sia con il faro della stabilità del paese che guida il Capo dello Stato.

Se fino al 4 dicembre prevale la tattica in entrambi i fronti anche nel tratteggiare scenari futuri, dal 5 prevarrà la realtà. E sia la maggioranza sia l’opposizione, che ora chiede il voto anticipato, hanno ben chiaro due cose: che il pallino sarà in mano al Quirinale e che è difficilmente immaginabile un ritorno al voto con due sistemi elettorali diversi, l’Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato.

In caso di sconfitta, quindi, Renzi salirà al Colle dove gli si farà notare che il governo non è caduto, che la maggioranza c’è e che l’Italia non ha proprio bisogno di una crisi di governo. A quel punto, il leader dem potrebbe tornare alle Camere per un Renzi-bis, magari di breve durata e mirato a gestire in prima persona le modifiche all’Italicum anche alla luce della decisione della Consulta. Oppure decidere di farsi da parte, restando alla guida del Pd, senza mettersi di traverso però ad un governo di scopo, guidato da un uomo di sua fiducia.

Certo, è la riflessione diffusa in ambienti parlamentari, non sarà facile convincere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che per colpa di un referendum l’Italia debba presentare al mondo l’ennesima fine anticipata di una legislatura.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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