Renzi, crescita oltre le stime. Scende la disoccupazione per i giovani

Foto Palazzo Chigi/Tiberio Barchielli /LaPresse
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ROMA. – La crescita del Pil tocca per la prima volta dopo 5 anni la cifra tonda, mettendo a segno nel terzo trimestre un rialzo dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2015. Ed erano anche diversi anni, quattro, che il tasso di disoccupazione per i giovani non scendeva sotto il 36,4%, anche se ancora si tratta di un valore alto e solo Spagna e Grecia in Europa fanno peggio di noi.

Ora a trainare l’economia italiana sono gli investimenti, in accelerazione stando ai dati dell’Istat. Segnali che fanno ben sperare il governo: le stime dell’esecutivo “sono più basse della realtà”, dice il premier Matteo Renzi, sottolineando come il Pil abbia “finalmente abbandonato lo zero virgola”. Di “direzione giusta” parla anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che poi aggiunge: “il cambiamento aiuta”, mentre se vince il No al Referendum potrebbe essere “più difficile raccogliere capitale”.

L’incertezza in ogni caso c’è e potrebbe condizionare anche gli ultimi tre mesi dell’anno: gli analisti infatti prevedono un rallentamento della crescita congiunturale, dopo il +0,3%. Comunque, stando sempre ai dati dell’Istat, il 2016 ha già ereditato un +0,9%, che oltrepassa di un decimale le indicazioni contenute nel Def.

A spingere l’Italia è l’industria e gli investimenti delle imprese, soprattutto nei mezzi di trasporto, e l’andamento positivo potrebbe essere rafforzato dagli incentivi in manovra. Tengono anche i consumi, dove probabilmente tanto si deve all’auto. Dati in chiaroscuro arrivano dal fronte lavoro: ad ottobre la disoccupazione scende lievemente (-37 mila persone a caccia di lavoro, con un tasso all’11,6%) ma, sempre lievemente cala l’occupazione (-30 mila), e stavolta i posti persi sono quelli che pesano di più, quelli fissi.

A fare da ago della bilancia, e ormai non è una novità, sono gli inattivi, ovvero coloro che non hanno e non cercano un impiego. Ora, ad ottobre, gli inattivi sono aumentati (+83mila), spiegando sia il calo dei disoccupati che degli occupati. E’ il caso di chi ha tentato di trovare un posto ma poi ci ha rinunciato e di chi, concluso il contratto, torna a casa. E spesso dietro a questi casi c’è un giovane. Fin qui però i dati mese su mese.

Diverso è lo scenario se si allarga lo sguardo a tutto l’anno, dove il bottino di posti creati è ancora positivo (+174mila, con un forte apporto degli over50) e tutto a favore del tempo indeterminato. Ma i sindacati invitano a fare i conti con le nuove dinamiche.

Per Guglielmo Loy della Uil “dietro alla stabilità degli autonomi e all’aumento mensile dei contratti a termine ci potrebbero essere i voucher e i lavoretti”. La Cisl, con Gigi Petteni, mette in guardia sulle “convenienze” per le aziende in crisi “all’interruzione dei rapporti di lavoro”.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, vede invece “un quadro di sostanziale stabilità”. Per dare una svolta la ricetta del Governo sta nel “tagliare le tasse sul lavoro di più”, chiarisce Padoan, coperture permettendo. Intanto il fabbisogno dei primi 11 mesi segna 5,6 miliardi in meno, una riduzione “coerente” con le previsioni, assicura il Mef.

Adesso per Padoan “bisogna fare di più” per ridurre la disoccupazione giovanile. Non si accontenta neppure Renzi, che suggerisce di guardare a lunedì mattina: con “una vittoria del Sì avremo un Paese più solido”. La strada, dice, sta nel “tagliare qualche poltrona di troppo nei palazzi romani e creare qualche posto in più al Sud”.

(di Marianna Berti/ANSA)

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