Allarme Europol, l’Isis può colpire l’Europa con autobombe

Exterior view of the Europol headquarters where participants gathered to attend the anti terror conference in The Hague, Netherlands, Monday, Jan. 11, 2016. (ANSA/AP Photo/Peter Dejong)
Exterior view of the Europol headquarters where participants gathered to attend the anti terror conference in The Hague, Netherlands, Monday, Jan. 11, 2016. (ANSA/AP Photo/Peter Dejong)
Exterior view of the Europol headquarters where participants gathered to attend the anti terror conference in The Hague, Netherlands, Monday, Jan. 11, 2016. (ANSA/AP Photo/Peter Dejong)

BRUXELLES. – Autobomba, o addirittura armi biologiche e chimiche: a poche settimane dalle festività natalizie Europol torna a lanciare l’allerta terrorismo, mettendo in guardia su possibili attacchi dell’Isis in Europa secondo strategie già sperimentate in Siria e Iraq. Ma l’agenzia Ue avverte anche sulle minacce che potrebbero arrivare da altri gruppi come Al Qaeda o Al-Nusra.

Tra gli ‘schemi’ del terrore anche quella di rendere incendiaria la portata della crisi migratoria, per destabilizzare politicamente il Continente, polarizzando pezzi di cittadinanza contro i richiedenti asilo; oltre a infiltrare miliziani tra i gruppi di migranti; e reclutare combattenti tra le file dei profughi siriani delusi in attesa di asilo.

A tracciare un quadro della situazione è l’ultima relazione pubblicata dal centro antiterrorismo di Europol. A rischio di “probabili attentati a breve termine” sono i Paesi che partecipano ai raid della coalizione contro l’Isis. E nonostante più indicatori lascino intendere che gli attacchi dovrebbero ricalcare scenari già conosciuti, secondo la polizia europea è “immaginabile” che i gruppi jihadisti possano fare ricorso anche all’uso di veicoli esplosivi, a rapimenti o a estorsioni, come già visto in Siria e Iraq.

Nello spettro delle possibilità viene incluso anche quello più terrificante: l’impiego di armi chimiche – come il gas mostarda, già utilizzato in Siria – o di armi biologiche, come le sostanze sequestrate in un’operazione in Marocco a febbraio, pronte ad essere trasformate in una tossina mortale del tetano. I miliziani avrebbero infatti accesso agli arsenali chimici iracheni e libici.

Ed è proprio dalla Libia che il Califfato “ha intenzione di sferrare l’offensiva contro l’Europa”. Le stime di alcuni servizi di intelligence indicano che sono già “diverse dozzine” i terroristi dell’Isis pronti ad agire, nei Paesi dell’Unione.

E man mano che il sedicente Stato islamico perde terreno in Medio Oriente, aumenta il numero dei ‘foreign fighter’ europei che lasciano i teatri di crisi per tornare a casa. La stima è che siano circa cinquemila i combattenti partiti dal Vecchio Continente. Ma è difficile dire quanti saranno quelli a rientrare con quali intenzioni.

Vari potrebbero tornare con le famiglie: con figli che hanno vissuto nelle zone di guerra, talvolta partecipando alle ostilità, o agli indottrinamenti religiosi e agli addestramenti militari, e per questo ulteriori potenziali “minacce, a lungo termine”.

Gli obiettivi da colpire di preferenza continuano ad essere i cosiddetti ‘soft target’, luoghi affollati dove mietere il maggior numero di vittime, mentre infrastrutture ‘critiche’, come reti elettriche o impianti nucleari, non sarebbero tra le priorità del Califfato.

Intanto il capo di Europol Rob Wainwright e il coordinatore dell’antiterrorismo europeo Gilles de Kerchove sollecitano i 28 ad una “migliore collaborazione” per “affrontare” la sfida “destinata a persistere negli anni a venire”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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