Italia il paese dei Neet, soprattutto ragazze che non studiano e non lavorano

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ROMA. – Il Paese con la più alta percentuale di giovani che non studiano e non lavorano in Europa e fra gli ultimi nell’area Ocse per quanto riguarda la spesa per l’istruzione in rapporto al Pil. E’ un quadro piuttosto preoccupante quello che rileva l’Istat sull’Italia, dopo aver elaborato una serie di dati e indicatori, prodotti anche da altre istituzioni nazionali e internazionali, e raccolti in una nuova area tematica della banca dati dell’Istituto, I.Stat, dedicata al capitale umano.

Dal 2008 al 2015 la quota dei Neet (not in education, employment or training), ossia giovani fra i 15 e i 29 anni che non partecipano a percorsi di istruzione o formazione e nemmeno svolgono un’attività lavorativa in Italia, è volata dal 19,3% al 25,7%.

A crescere è soprattutto la quota di ragazzi, dal 15,6% al 24,2%, ma quella femminile – in aumento dal 23% al 27,1% – risulta costantemente superiore, spiega l’Istat. In questa particolare e non invidiabile classifica dei Neet, l’Italia è seguita dalla Grecia (22,2% maschi, 26,1% femmine), Croazia (20,8% maschi) e Romania (26,1% femmine).

E come se non bastasse, l’Italia vanta anche un altro primato di cui potrebbe farne a meno: la spesa totale media per istruzione, da risorse pubbliche e private, in rapporto al Pil “è costantemente inferiore a quella media dei Paesi Ocse”, dice l’Istat, spiegando che dall’inizio della crisi del 2008 fino al 2012 è “fortemente diminuita ovunque” e che in Italia è passata dal 4,8% al 3,6% del 2012, nella media dei Paesi Ocse dal 5,9% al 4,8%, per poi iniziare una lieve ripresa nel 2013, anno in cui è risultata al 4% per l’Italia e al 5,2% per la media Ocse.

Dalla moltitudine di dati raccolti emerge inoltre che in Italia i lavoratori più colpiti dalla crisi negli ultimi sette anni sono stati quelli con un titolo di studio medio-basso. Fra il 2008 e il 2015, illustra l’Istat, il tasso di occupazione è sceso dal 45,9 al 38,4% tra coloro in possesso di una licenza media (-7,5 punti percentuali) e dal 62,8% al 56,7% tra i diplomati (-6,1 punti), mentre il calo del tasso di occupazione è stato meno consistente, dall’11,9% all’8,2%, fra coloro che hanno al massimo la licenza elementare (-3,7 punti percentuali) e per i laureati, dal 72,9% al 69,0% (-3,9 punti).

Nello stesso arco di tempo l’incidenza dei laureati sulla popolazione di 30-34 anni è aumentata dal 14,9% al 20% tra i maschi e dal 23,5% al 30,8% tra le femmine. Contemporaneamente, conclude l’Istat, è diminuito l’abbandono scolastico dei giovani 18-24enni, dal 22,7% al 18% per i maschi e dal 17% al 12% per le femmine.

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