Trump sfida la Cina su cambi e dazi, ora si cambia

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WASHINGTON. – Non si placano le polemiche negli Stati Uniti sulla telefonata tra il presidente eletto Donald Trump e la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, che ha mandato su tutte le furie Pechino. Eppure Trump non ci sta e, via Twitter, rincara la dose, con i 140 caratteri che diventano il suo guanto della sfida, sui cambi e sui dazi, tema caro al tycoon anche durante la campagna elettorale.

E allora si fa strada l’ipotesi che quella del presidente eletto non sia stata una mera divagazione dal protocollo ma una provocazione voluta. “La Cina – ha scritto Trump su Twitter – ci ha mai chiesto se andava bene svalutare la loro valuta (rendendo difficile per le nostre imprese competere), tassare i nostri prodotti che entrano nel loro Paese (mentre gli Usa non tassano i loro), o costruire un massiccio sistema militare nel mezzo del Mar della Cina del Sud? Non penso proprio!”.

Questa l’ultima parola del presidente-magnate. Ma se dall’altro capo del mondo la linea ufficiale resta il ‘no comment’ è la stampa a scagliarsi da Pechino contro Trump, accusandolo di “voler trattare la Cina come un agnello grasso” a vantaggio del suo Paese, si legge in un editoriale del Global Times pubblicato sul suo sito.

Non è chiaro “se Trump si sia infiammato perché irritato da alcuni commenti sulla sua telefonata con la leader di Taiwan o se sia stato un passo scaltro e ben ponderato sulla politica cinese – si legge nell’editoriale della testata nata da una costola del Quotidiano del Popolo, organo del Partito comunista -. Comunque, la sua risposta è inaspettata”.

Taiwan da parte sua invita alla calma, definisce “non ostile” nei confronti della Cina la telefonata pietra dello scandalo, e assicura che i rapporti “non torneranno ai tempi dell’antagonismo” e che la presidente Tsai vuole mantenere ottime relazioni, le migliori possibili, con le prime due economie del pianeta.

Però negli Stati Uniti la ‘mossa’ di Trump viene sempre più percepita come una strategia e con qualche conferma diffusa a mezzo stampa, dopo che il Washington Post scrive, citando fonti dell’entourage di Trump, che la telefonata con la presidente Tasi Ing-wen è stata “una mossa intenzionalmente provocatoria” e “il prodotto di mesi di riflessioni e preparazione” tra i consiglieri del tycoon.

A riparare il riparabile interviene l’amministrazione ancora in carica, che già aveva messo in guardia sui rischi di sparigliare le carte circa una linea adottata da 40 anni con in mente la pace e la stabilità. Così oggi il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha confermato che gli Usa sono in contatto con la dirigenza cinese per ribadire che Washington resta aderente alla sua politica di “una sola Cina”. Quindi il monito, nel sottolineare che i progressi fatti dagli Usa con la Cina potrebbero essere “minati se si riacutizza la questione della sovranità di Taiwan”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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