Italicum, alla Consulta in ballo tempi e premio

Il tabellone con i risultati della votazione per l'approvazione dell'Italicum

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ROMA. – A 48 ore dal referendum, la Corte Costituzionale fissa al 24 gennaio la data dell’udienza sull’Italicum. Una scadenza che, in concreto, allontana la possibilità di un voto anticipato già a febbraio, come ipotizzato dal ministro dell’Interno Alfano. Se infatti si decidesse di applicare le indicazioni della Consulta, bisognerebbe aspettare la sentenza e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che la renda esecutiva. E per questo, “vista la complessità della materia, ci vorranno dai 20 giorni a un mese”, spiega una fonte della Corte.

Ma anche se si decidesse di bypassare la Corte e votare con gli strumenti a disposizione, questo vorrebbe dire chiamare i cittadini alle urne con due leggi diverse: l’Italicum com’è adesso per la Camera e il Consultellum, ‘figlio’ della sentenza 2013 della Consulta sul Porcellum, per il Senato.

Ma l’Italicum potrebbe nel frattempo essere stato ‘bocciato’ dalla Corte poco prima delle elezioni. Del resto è lo stesso presidente Mattarella a chiarire che sarebbe “inconcepibile” indire le politiche “prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee”.

Di per sé, osserva il costituzionalista Michele Ainis, “se la politica trovasse coesione e forza, potrebbe tranquillamente fare a meno della decisione della Corte Costituzionale e nel giro di un mese modificare l’Italicum”, ma forse “il gioco del cerino è già iniziato e così non se ne esce”.

Per cui, la decisione dei giudici costituzionali diventa dirimente. La Consulta ha esaminato e deciso la data nel corso della camera di consiglio calendarizzata per altre cause. Si riprende così il filo interrotto il 4 ottobre, giorno in cui era stato precedentemente fissata l’udienza poi rinviata per non interferire col referendum, senza fissare una nuova data.

Un passaggio che aveva prodotto discussione tra i giudici. Alla Corte erano già arrivati gli atti dei tribunali di Messina, Torino e Perugia, a cui potrebbero ora essere accorpate le ordinanze di Genova e Trieste, giunte dopo. Giudice relatore sarà Nicolò Zanon. Se anche l’intervento fosse minimale, in questo clima politico peserà.

I giuristi sono propensi a ritenere che la Corte potrebbe agire sulla soglia che al primo turno consente di accedere al premio di maggioranza, ritenendo il 40% dei voti una quota troppo bassa e probabilmente non tanto sul ballottaggio in sé e per sé, ma sui criteri fissati ora nella legge, chiedendo di ‘condizionarlo’.

Ancorando per esempio a un quorum di voti. Ora, infatti, la legge prevede che vadano a ballottaggio le due forze che hanno ottenuto più voti: così però si può ottenere la maggioranza dei seggi anche se al primo turno si è conseguito solo il 20%.

(di Eva Bosco/ANSA)

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