Senato, la manovra del governo incassa la fiducia

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ROMA. – La manovra del governo incassa la fiducia con 173 e 108 no. Senza alcun astenuto. Ma il provvedimento finale, quello che contiene anche tutte le tabelle con i fondi destinati ai ministeri, votato articolo per articolo senza più ricorrere alla fiducia, ottiene numeri ben diversi. E la manovra diventa legge con 166 sì, 70 no e un astenuto.

Tradotto: una volta messi in sicurezza i conti dello Stato, qualche senatore ha voluto far arrivare un messaggio politico ben preciso. Soprattutto alla maggioranza. Scartabellando i tabulati con le due votazioni, infatti, si nota come alcune assenze siano particolarmente significative.

Dal secondo voto, emerge con chiarezza quanto i “Sì” dei verdiniani siano indispensabili: su 166 sì in 13 hanno votato a favore dimostrando come la maggioranza, senza di loro potrebbe attestarsi a quota 153. Contando anche che uno del gruppo, Vincenzo D’Anna, al voto di fiducia è risultato assente, mentre al provvedimento della manovra finale ha detto “no”.

Nel caso in cui non si dovesse andare ad elezioni così presto come vorrebbe Renzi, spiegano alcuni esponenti Dem, si dovrebbe accettare il fatto che il Pd, “almeno qui al Senato avrebbe bisogno dei verdiniani” per restare maggioranza. Come dimostrano plasticamente i risultati delle votazioni di oggi.

“E questo, il giorno in cui si dovrà tornare al voto – si osserva tra i Democratici – sarà davvero difficile spiegarlo agli elettori…”. Anche perché, si insiste, stando così le cose diventerebbe “complesso non far entrare” esponenti della forza politica che fa capo a Denis Verdini nell’eventuale nuova compagine governativa.

A questo si aggiunga che la tensione nel gruppo di Ap-Ncd è ormai abbastanza palpabile soprattutto per l’intenzione di andare subito al voto espressa da Angelino Alfano, oggi avvistato in Senato subito dopo la fiducia alla manovra, direttamente in tv senza “essersi consultato prima con alcuno di noi”, come spiega un esponente del Nuovo Centro destra visibilmente preoccupato per la “piega che stanno prendendo gli eventi” nel suo partito.

Il gruppo, guidato da Laura Bianconi, non è detto infatti che possa perdere ulteriori pezzi dopo la diaspora di queste ore di alcuni esponenti anche dell’Udc che ha consentito di fatto che si sciogliesse la componente di Alleanza Popolare. Uno di loro, il Questore, Antonio De Poli, oggi ha votato la fiducia, ma ha disertato la votazione finale. Altri centristi non hanno risposto a nessuno dei due appelli, come Fabiola Antinori, Giuseppe Esposito e Maurizio Sacconi. Mentre Roberto Formigoni ha fatto il percorso opposto a De Poli: non ha votato la fiducia, ma ha detto “si” alla manovra complessiva.

La pattuglia degli assenti, comunque, si è quasi raddoppiata tra le due votazioni: dai 38 per la fiducia (tra quelli assenti, in congedo e in missione) si è passati ai 69 nel voto conclusivo ai quali vanno aggiunti alcuni dei 13 in missione che non hanno votato. Per il Pd, Felice Casson, impegnato con il Copasir, risulta in missione in entrambe le chiame. Mentre sono mancati tre Dem solo a quella conclusiva: Nicola Latorre, Mauro Maria Marino e Sergio Zavoli.

(di Anna Laura Bussa/ANSA)