Time sceglie Trump, “Presidente degli Stati divisi d’America”

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NEW YORK. – “Presidente degli Stati divisi d’America”: così Time fotografa Donald Trump, dedicandogli la prestigiosa copertina di personaggio dell’anno, dodici mesi dopo l’incoronazione di Angela Merkel. La stessa copertina che nel 2013 vide come protagonista Papa Francesco e nel 2008 e 2012 Barack Obama.

“Un grande onore” per il tycoon, che batte la concorrenza di personaggi come Vladimir Putin e Mark Zuckerberg e che condanna ancora una volta Hillary Clinton al secondo posto: “Ha fatto la storia per tre decenni, ma ora sarà ricordata più per quello che non ha fatto che per quel che ha fatto”, l’impietoso commento del magazine più diffuso al mondo.

Non c’è dubbio che il presidente eletto degli Stati Uniti, che si insedierà alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio, è la figura più influente del momento: “nel bene e nel male”, difficile stabilire “le dimensioni della rottura”, sottolinea Time, che descrive Trump “sulle rovine fumanti di un vasto edificio politico che un tempo ospitava partiti, politologi, donatori, sondaggisti, tutti quelli che non lo avevano preso sul serio e non avevano previsto il suo arrivo. Sopra queste rovine Trump deve ora presiedere”.

E per lui non c’è molto tempo. Gli sono rimaste poche settimane per completare la sua squadra di governo. Ecco allora che nel giorno che lo vede uomo-copertina Trump accelera sul fronte delle nomine: e se dopo l’ira della Cina per la telefonata con Taiwan sceglie un amico di Xi Jinping come nuovo ambasciatore Usa a Pechino, per ‘sigillare’ i confini e portare avanti la lotta all’immigrazione clandestina si affida a un nuovo generale, John Kelly.

Mentre per la Sec, l’autorità di vigilanza su Wall Street, spunta il nome di una “donna sceriffo” come Debra Wong Yang, ex procuratore federale di Los Angeles. In pole per il posto di segretario di stato, invece, resta l’amico di un altro leader Vladimir Putin: è il numero uno del colosso energetico Exxon Mobile, Rex Tillerson, da sempre contrario alle sanzioni alla Russia.

L’uomo del muro, se mai la promessa verrà mantenuta da Trump, sarà dunque il generale Kelly: 66 anni, un figlio morto in Afghanistan nel 2010, è il terzo militare della nuova amministrazione Usa dopo gli ex generali John Mattis al Pentagono e Michael Flynn consigliere per la sicurezza nazionale. Un duro, come viene descritto da chi lo ha conosciuto nei marine, dalla sua esperienza in Iraq fino all’ascesa a capo delle forze Usa in America centrale e meridionale.

Ma anche un uomo bipartisan, non della cerchia dei fedelissimi del tycoon, che ha lavorato come assistente per due segretari alla difesa dell’era Obama, Robert Gates e Leon Panetta. E che si è sempre detto pronto a servire lo stato in qualunque amministrazione, repubblicana o democratica.

Prove di disgelo invece con la Cina dopo gli attriti degli ultimi giorni, con Pechino che definisce il nuovo ambasciatore Usa Terry Branstad “un vecchio amico”. Il governatore dell’Iowa infatti conobbe Xi nel 1985, quando ancora il leader cinese era un giovane funzionario che viaggiava e soggiornava in America per lavoro. Da allora molti gli incontri tra i due. Chissà se basterà per rasserenare i rapporti tra i due Paesi.

Mentre il New York Times conferma che, più che una gaffe diplomatica, la telefonata tra Trump e la leader di Taipei Tsai Ing-wen fu un vero e proprio “piano ben orchestrato”, grazie alla mediazione dell’ex candidato alla Casa Bianca (perse nel 1996 con Bill Clinton) Bob Dole, pagato per i suoi servigi ben 140 mila dollari.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)