Le Province a Mattarella, nel 2017 tutte in dissesto

Il presidente Sergio Mattarella e il presidente dell'Upi, l'Unione delle Province italiane, Achille Variati
Il presidente Sergio Mattarella e il presidente dell'Upi, l'Unione delle Province italiane, Achille Variati
Il presidente Sergio Mattarella e il presidente dell’Upi, l’Unione delle Province italiane, Achille Variati

ROMA. – Se non si farà un provvedimento straordinario per tentare di lenire “i tagli insopportabili a cui sono state sottoposte”, le Province “sono nell’impossibilità di predisporre i bilanci per il 2017, con la conseguente interruzione dell’erogazione dei servizi essenziali ai cittadini”.

Non usa mezze parole il presidente dell’Upi, l’Unione delle Province italiane, Achille Variati, per spiegare al capo dello Stato Sergio Mattarella come le Province, che con la vittoria del “no” al referendum rimangono “incardinate nella struttura costituzionale della Repubblica”, sono allo stremo dopo i tagli che dal 2015, anno che è seguito alla riforma Delrio del 2014, hanno tolto loro rispettivamente 650 mln, 1 miliardo e 300 (quest’anno) e 1 miliardo e 950 milioni nel 2017.

“Abbiamo scritto al capo dello Stato una lettera disperata – ha detto Variati nel corso di una conferenza stampa – dal 1 gennaio 2017, se non cambieranno le cose, tutte le Province andranno in dissesto”. Variati ha spiegato che dopo la vittoria del “no” al referendum le Province “non hanno brindato” e che il Governo uscente aveva riconosciuto la gravità della situazione, tanto che aveva previsto di inserire interventi correttivi in grado di assicurare il finanziamento delle funzioni fondamentali nel passaggio in Senato della legge di Bilancio 2017, ma con l’apposizione della fiducia tutto è saltato.

Di qui la richiesta di un decreto legge per porre rimedio alla situazione. Anche perché, ha voluto sottolineare Variati che è anche sindaco di Vicenza, le 76 Province a statuto ordinario hanno un costo della politica pari a zero, ma si occupano di circa 100 mila km di strade provinciali, della manutenzione di 5 mila scuole superiori (per 100 mila classi e 2 milioni e mezzo di studenti) e delle questioni che attengono il dissesto idrogeologico.

Inoltre ben 48 hanno istituito una stazione unica appaltante, d’accordo con l’Anac, l’Autorità anticorruzione, e sono diventate, in molti casi, veri e propri enti aggregatori: fanno gare per l’intera regione per ottenere il miglior prezzo nell’erogazione di servizi, alleggerendo i comuni di oneri e strutture amministrative.

E c’è di più: dall’approvazione della Legge Delrio, nel 2014, dei 43 mila dipendenti provinciali, 23 mila sono stati trasferiti (a Regioni, Comuni, uffici giudiziari o sono stati prepensionati) con una operazione di mobilità che è stata la più grande mai messa in atto. Solo per 472 si cerca la destinazione finale ma la questione, ha assicurato, verrà a breve risolta.

Quanto alla spesa corrente delle Province, questa è passata da 7,5 miliardi del 2013 a 4,8 di quest’anno. Insomma, tutto si può dire alle Province tranne che essere “cicale”. “Serve invece un tagliando alla Legge Delrio – ha concluso Variati – e siamo pronti a collaborare con il Governo. Le Province vanno messe in sicurezza finanziaria, non vogliono fare “il becchino” dei servizi per i cittadini né vogliono essere quelle che erano prima della riforma Delrio; certo abolirle sarebbe un errore”.

(di Valentina Roncati/ANSA)

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