Da San Nicola a Babbo Natale

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Il calendario cristiano riporta la festa di s. Nicola di Bari al giorno 6 dicembre. A questa data è già iniziato il nuovo anno liturgico (il ciclo temporale delle solennità cristiane celebrate dalla Chiesa) e ci troviamo – generalmente – nella prima settimana d’Avvento; o al massimo nella seconda.

Molte ricorrenze di questo periodo (tecnicamente si chiamano memoria liturgica) presentano figure di santi che per qualche verso in coerenza con l’atmosfera d’attesa propria del ciclo d’Avvento, i quali, o per testimonianza di vita o per la loro virtù taumaturgica, richiamano l’idea della luce, quella del dono, quella della profezia.

Si comincia già con la festa di s. Martino (11 novembre), poi quella di s. Barbara (4 dicembre), s. Nicola (6 dicembre), s. Ambrogio (7 dicembre), Maria Immacolata (8 dicembre), s. Lucia (13 dicembre), la notte di Natale (24 dicembre), e fino all’Epifania (la Befana: 6 gennaio). In certe località l’arco di tempo è ancora più ampio, includendo da una parte la commemorazione dei fedeli defunti (2 novembre) e dall’altra la festa di s. Antonio Abate (17 gennaio).

Voglio ricordare, a questo proposito, in linea con le tradizioni popolari del periodo d’Avvento, il detto napoletano che recita: “Comme barbaréa, accussì nataléa”. Sono molte le persone che utilizzano questa espressione, convinte che si riferisca alle condizioni atmosferiche. Mentre, molto più semplicemente, essa serve come esercizio mnemonico per calcolare il giorno della settimana in cui cade la festa della Natività del Signore. Se, infatti, s. Barbara ricorre il 4 dicembre e Natale il 25, tra le due date ci sono esattamente 21 giorni; quindi giusto tre settimane. Perciò, se il giorno nella settimana di santa Barbara (4 dicembre) quest’anno è domenica, anche il giorno di Natale (25 dicembre) sarà domenica.

Ma ritorniamo a s. Nicola. Il nome è di origine greca (formato dalle radici di due parole che significano: vittoria e popolo) e di quella parte dell’Impero romano è anche il personaggio.

A metà del sec. IV Nicola fu vescovo di Mira (oggi in Turchia, col nome di Dembre), sulla costa orientale del Mar Egeo. In seguito la sua devozione si diffuse in tutto l’Oriente, e particolarmente in Russia. Nel sec. XI gli fu dedicata una basilica anche a Bari. Da qui la sua venerazione si estese a tutta l’Italia.

La memoria di s. Nicola è ricordata nei riti: bizantino e copto.

Nel nome di s. Nicola sono fiorite molte tradizioni popolari e iniziative di carità ispirate ad alcune vicende della sua vita. Tradizioni che poi, come si diceva, per quella simbologia del “donare”, si sono legate alla festa del Natale facendo di s. Nicola la figura del Vescovo che benèfica giovani e fanciulle. In questa veste, resa evidente anche nei paramenti sacri dell’iconografia classica (piviale, mitria e pastorale), e, col nome di Nikolaus, la sua conoscenza è passata a tutta l’Europa, sviluppandosi in modo particolare nei paesi nordici come festa di popolo con radicamento nel folklore delle varie località.

In Italia la tradizione del Nikolaus, il santo vescovo che porta doni – di derivazione nordica, evidentemente – è viva solo nella provincia di Bolzano. E proprio qui la sua attesa (nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità), alla vigilia del 6 dicembre, è festeggiata con grande partecipazione di popolo.

Al seguito del Santo, rivestito dei suoi paramenti da vescovo, con chioma e barba bianca, che, nelle case e per le strade, porta i suoi doni a grandi e piccini, si muovono però anche i Krampus (i diavoli), esseri mostruosi che ostacolano i gesti di carità del santo, i quali nella rappresentazione popolare infliggono pene corporali alle persone che nell’anno “non si sarebbero comportate bene”, colpendole con fasci di rami secchi.

Molto rinomata è la festa che si organizza a Vipiteno la sera del 5 dicembre dove accorrono persone da tutto l’Alto Adige, e anche dal Trentino e dal Tirolo austriaco.

Così, dall’Europa del nord la tradizione del Nikolaus, con le migrazioni storiche verso l’America, passò nel Canada e, da lì, negli Stati Uniti, dove il personaggio si liberò dei paramenti da vescovo, pur mantenendo il suo nome: Klaus (da Nikolaus) e i colori caratteristici dell’abito. Trasformato in Santa Klaus, nelle vesti con cui lo conosciamo oggi, ritornò in Europa, e si chiamò Babbo Natale.

E anche i Krampus (una sorta di caproni) scomparvero dalla sua rappresentazione, rendendola più adatta a un’idea più gratificante della pubblicità e del consumismo: da caproni che erano, si trasformarono in renne, costrette a trainare la slitta carica di doni.

Luigi Casale