L’ora dei sospetti nel Pd. Franceschini, io sto con Renzi

Franceschini e Renzi
Franceschini e Renzi
Franceschini e Renzi

ROMA. – Sono le ‘forze del No’ a dover indicare come vogliono uscire dalla crisi di governo. E’ questo in queste ore il mantra dei dirigenti della maggioranza Pd, che sposano la linea indicata da Matteo Renzi alla direzione del partito: o un governo di responsabilità nazionale che traghetti alla fine della legislatura, o il voto appena possibile, dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum.

Il primo giorno di riposo dopo la sconfitta nel referendum e le dimissioni del premier, è il giorno in cui la maggioranza del partito prova a rassicurare sulla sua compattezza al fianco del segretario. Formalmente solo i bersaniani si smarcano, chiedendo un governo ‘politico’ fino al 2018 guidato da un altro esponente Pd. Ma sotto traccia tengono banco sospetti e veleni.

Tanto che più di un renziano confida: al dunque, non sappiamo che faranno le correnti. Renzi trascorre la giornata in famiglia a Pontassieve e domani tornerà a Roma. Quel che aveva da dire, spiegano i parlamentari a lui vicini, l’ha detto. Ora massima fiducia nel lavoro che svolgerà Sergio Mattarella, a cui il Pd assicura piena collaborazione. L’ipotesi di un Renzi bis, auspicato anche da un pezzo di maggioranza Pd, il premier la reputa possibile solo se lo chiedono tutti, anche Grillo e Salvini.

Perché tutti, non si stanca di ripetere, devono assumersi le loro responsabilità. Così come devono dire se vogliono un governo che porti a fine della legislatura. Guidato da chi? Pier Carlo Padoan o Paolo Gentiloni o figure come Giuliano Amato (che sarebbe gradito a Berlusconi) o Romano Prodi.

Anche se è prematuro parlare di nomi, sottolineano i renziani, perché ognuno ha una connotazione e conseguenze politiche. Ad esempio un governo a guida Padoan o Amato lascerebbe a Renzi mani più libere nell’anno che condurrà alle elezioni, con una tappa importante nel congresso Pd. L’ipotesi alternativa, più gradita ai renziani, è che si vada a votare entro aprile, con la legge elettorale così come uscirà modificata dalla Consulta. In quel caso, a traghettare al voto potrebbe essere lo stesso premier – solo se su richiesta, viene ribadito, di tutti gli altri – o una figura come Gentiloni.

Uno snodo cruciale è la posizione che assumerà il Cavaliere e un punto focale è la legge elettorale. Tanto che prendono quota con consensi bipartisan ipotesi come quella lanciata dal Foglio di non aspettare la Consulta ed estendere alla Camera il Consultellum del Senato, una legge proporzionale che sarebbe gradita al Cavaliere. Ma al dunque, i giochi si decideranno nel Pd, dove si confrontano sensibilità diverse.

Fonti vicine a Dario Franceschini fanno trapelare l’irritazione del ministro per i sospetti che continuano a girare sulle sue mosse. Franceschini guida infatti un’area assai numerosa, decisiva. Ed è circolata l’ipotesi che lo stesso ministro stesse dialogando con Berlusconi per un possibile governo a sua guida. Franceschini prova a sdrammatizzare con una battuta: “Non posso parlare, sono a Arcore a chiudere l’accordo con Silvio…”. Poi aggiunge serio: “Matteo è il segretario del Pd e il partito deve seguire la sua linea”.

Nessun distinguo, assicurano i suoi: il corto circuito potrebbe essere stato provocato da qualche parlamentare Fi che va dicendo che vorrebbe Franceschini. Ma non c’è distinguo da Renzi, assicura anche un franceschiniano come Antonello Giacomelli, vicino anche al renziano Luca Lotti: “Proviamo a portare subito la riforma della legge elettorale in Parlamento senza aspettare la Consulta”.

Anche i ‘Giovani turchi’, che solo ieri si sono riuniti due volte, fanno sapere non solo che non c’è distinzione tra la linea di Andrea Orlando e Matteo Orfini (il primo più favorevole a un governo, il secondo più alle urne) ma che il loro sostegno alla linea di Renzi è pieno. Per elezioni prima possibile resta anche l’area di Maurizio Martina e Gianni Cuperlo afferma che bisogna andare a votare non appena fatta la legge elettorale.

Mentre Roberto Speranza e Miguel Gotor collocano i bersaniani fuori asse: “Renzi faccia come Cameron, permetta la nascita di un altro governo a guida Pd”, dice Gotor.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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