Wto: Cina cita Usa e Ue, chiede lo status di economia di mercato

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PECHINO. – La Cina ha atteso la scadenza dell’11 dicembre prima di muovere contro Usa e Ue per il mancato riconoscimento di status di economia di mercato (Mes), valutato come un atto dovuto dopo gli accordi adesione al Wto nel 2001. Così, mentre i media ufficiali hanno festeggiato i 15 anni nell’Organizzazione mondiale del commercio, con una nota apparsa in serata sul sito del ministero del Commercio, Pechino ha reso nota la citazione dinanzi al Wto dei due suoi primari partner al fine di risolvere il nodo “dell’approccio del Paese surrogato per calcolare le misure anti-dumping” sull’export: in conformità “con l’Art.15 del protocollo”, tale approccio è scaduto domenica 11 dicembre.

Il sistema usa i costi di produzione in un Paese terzo per il calcolo del valore dei prodotti da economie non di mercato. Di fatto, Pechino chiede il riconoscimento dello status di economia di mercato, ritenuto un passaggio automatico alla scadenza dei 15 anni transitori concordati.

“Sfortunatamente, Ue e Usa non hanno ancora soddisfatto questa obbligazione”, ha scritto il ministero, secondo cui l’uso del criterio del Paese surrogato “ha influito seriamente sull’export e sull’occupazione in alcune industrie cinesi”. Pechino “si riserva la tutela dei suoi diritti” nelle norme del Wto e lo “farà con decisione”.

La risposta di Bruxelles non s’è fatta attendere: “Deploriamo che la Cina stia lanciando questa disputa nonostante il fatto che la Commissione Ue abbia già fatto una proposta per emendare la legislazione in questione”, ha detto un portavoce dell’esecutivo comunitario. Bruxelles, per evitare di essere davanti al Wto ma tenendo allo stesso tempo i dazi anti-dumping, aveva adottato un mese fa la proposta di eliminare le liste dei Paesi a economia di mercato e non, a favore di un meccanismo neutrale basato sulle distorsioni di mercato per settore. In attesa del via libera dei 28 Paesi, in vigore regole attuali sul Mes.

Il Giappone ha negato venerdì il riconoscimento dello status di economia di mercato, mentre gli Usa, invece, hanno puntato il dito contro le riforme di Pechino incapaci di produrre effetti: dal taglio dell’eccesso di produzione industriale, acciaio in testa, alle lamentele sulle asimmetrie negli investimenti.

Con il presidente eletto Usa Donald Trump, i conflitti sono destinati ad aumentare. Le ragioni sono tutte nei numeri: nel 2015, l’interscambio Usa-Cina si è attestato a 599,2 miliardi di dollari, secondo il Census Bureau, con un deficit americano di 367,2 miliardi. Tra Pechino e Bruxelles, nei calcoli della Commissione Ue, gli scambi bilaterali sono stati 520,8 miliardi di euro, con un disavanzo europeo di 170,3 miliardi.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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