Il Pil procapite spacca l’Italia. Milano provincia d’oro

ROMA. – Ancora nel 2015 il Mezzogiorno ha un Pil per abitante dimezzato rispetto a quello dell’area più ricca del Paese, 17.800 euro contro i 33.400 del Nord Ovest. Gli ultimi dati Istat registrano un “differenziale negativo molto ampio”, che persiste nonostante lo scorso anno il Meridione abbia superato ogni altra area del Paese per crescita, con un aumento del Pil in volume dell’1,1% a fronte di una media nazionale dello 0,7%.

La situazione di partenza del Sud Italia era talmente deteriorata, dopo sette anni di crisi, che l’exploit del 2015 si è tradotto in un accorciamento del divario con il Centro-Nord in termini di Pil procapite di appena tre decimi di punto, dal 44,5% del 2014 al 44,2% del 2015.

Al minore Pil procapite si accompagna un reddito disponibile e una spesa per consumi inferiori di un terzo, oltre all’emergenza sociale che vede nel Mezzogiorno quasi una persona su due a rischio di povertà o esclusione sociale. Succede così che un abitante medio dell’Alto Adige abbia un reddito disponibile pari al doppio di quello di un calabrese.

E che la provincia di Milano da sola valga, per valore aggiunto procapite, come tre delle province più povere messe insieme. Queste sono tutte al Sud: Medio Campidano, Agrigento, Barletta-Andria-Trani, Cosenza, Vibo Valentia e Siracusa a pari merito, in base ai dati del 2014, gli ultimi disponibili.

Questi fattori contribuiscono a raccontare l’area del Paese che, nonostante i risultati economici dell’ultimo anno, si è opposta maggiormente al referendum costituzionale del governo. Si tratta di un’area con ancora molto terreno da recuperare non solo rispetto al Centro Nord, ma anche rispetto ai livelli che aveva raggiunto prima della crisi. Il Pil del Mezzogiorno è infatti inferiore dell’1,1% rispetto a quello del 2011, mentre la flessione è più contenuta nel Nord Est (-0,5%) e nel Nord Ovest (-0,9%) e più ampia solo al Centro (-1,2%).

Analogamente, sul fronte dell’occupazione, il Meridione ha visto un calo dello 0,6% tra il 2011 e il 2015, doppio rispetto a quello del Centro-Nord. Guardando al futuro, un segnale di speranza sembra arrivare dal commercio estero che mostra le esportazioni meridionali correre a un ritmo superiore di oltre 20 volte alla media nazionale nei primi nove mesi del 2016: il 10,6% tendenziale contro lo 0,5% dell’intero Paese.

Da questo risultato però sono escluse le Isole, che registrano al contrario un crollo del 21,3%, dovuto all’export di prodotti petroliferi raffinati. Inoltre il terzo trimestre sembra mostrare una frenata delle vendite estere per il Sud e le Isole, con un calo dell’1,5% rispetto ai tre mesi precedenti.

(di Chiara Munafò/ANSA)

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