A via la resa dei conti nel Pd. La minoranza vuole le dimissioni di Renzi

Renzi, nella sede del Pd
Renzi, nella sede del Pd

ROMA. – Non è neanche il primo round, ma la riunione della direzione dà già la misura dello scontro che si consumerà nei prossimi mesi nel Partito democratico. Il parlamentino, convocato per dare il sostegno al nuovo premier Paolo Gentiloni, fa emergere il conflitto tra maggioranza e minoranza del Pd, a partire dalle regole del congresso.

Matteo Renzi proporrà domenica all’assemblea di convocare l’assise al più presto, forse a marzo, “visto l’appuntamento imminente con le elezioni”. Ma Roberto Speranza evoca lo spettro scissione: “Renzi ci dica se non c’è più spazio nel Pd per chi ha votato No al referendum”.

I bersaniani sono pronti a porre l’aut aut: se vuole l’assise subito, deve dimettersi da segretario. Un passo che il segretario potrebbe decidere comunque di compiere. Renzi non avrebbe voluto partecipare alla riunione della direzione, per non mettere sul tavolo nel giorno di Gentiloni le questioni interne. Ma all’ultimo lo convincono. E così non solo è lì al banco della presidenza, a lanciare l’applauso di fronte al voto unanime della direzione sull’incarico a Gentiloni, ma decide anche di intervenire in chiusura.

Dopo la sconfitta al referendum, ammette, “dobbiamo aprire una riflessione ma la sinistra non l’ha mai visto neanche col binocolo il 40%”. “Io non mi nascondo, non sono mai fuggito”, aggiunge. E sfida a congresso la minoranza interna: “Proporrò domenica all’assemblea” del Pd che si riunirà a Roma “di convocarlo”.

Ma la minoranza non ci sta. E non solo presenta un documento in cui mette a verbale un sostegno ‘con riserva’ a Gentiloni (mani libere sui singoli provvedimenti). Ma attacca anche Renzi sulla gestione del congresso. “Si faccia nel rispetto delle regole e senza pensare che qualcuno posa modificarle a proprio piacimento”, dice Nico Stumpo.

Quale il problema? Lo statuto, sottolinea la minoranza, prevede che si possa convocare un congresso anticipato se il segretario si dimette. Perciò nelle prossime ore potrebbe arrivare la richiesta formale di un passo indietro di Renzi dalla segreteria. Ma la maggioranza Pd ribatte che l’assemblea può aprire il percorso congressuale con Renzi segretario. L’unico modo per impedirlo è far mancare il numero legale dei due terzi in assemblea.

L’auspicio dell’ex premier è che si svolga un congresso in piena regola, prima nei circoli poi con le primarie. Sarà quella, dice in direzione Renzi, l’occasione per confrontarsi sulla “lealtà” necessaria nel partito, sulla “selezione della classe dirigente” e anche su linea e alleanze. Se la minoranza non vuole il congresso, punzecchia il segretario, si può non farlo. Ma allora – fanno notare i renziani – il candidato alle elezioni per il Pd sarebbe lui e farebbe lui le liste. Intanto è già partito il toto-candidature.

Pier Luigi Bersani si tira fuori: “Non mi candido ma darò una mano a scegliere”. Dunque la minoranza potrebbe restare su Roberto Speranza o indicare un nome che allarghi in campo. A sinistra ci sono anche Michele Emiliano ed Enrico Rossi. Mentre non sono esclusi nomi alternativi a Renzi nella maggioranza, come Andrea Orlando.

Speranza, che sabato ha convocato un’iniziativa a Roma, attacca a muso duro Renzi: “Bisogna cambiare rotta radicalmente o il Pd è destinato a morire”, dice l’esponente della Sinistra riformista. “Basta arroganza, serve umiltà: il congresso non può essere un plebiscito per la rivincita del capo”. E ancora: “Davanti alle manifestazioni organizzate e agli attacchi sul web Renzi ci dica con chiarezza se c’è più spazio per chi ha votato No. Il mio seggio è a disposizione”.

“Le nostre divisioni interne hanno pesato” sull’esito del referendum, replica Matteo Orfini. Ed Emanuele Fiano accusa Speranza di rovesciare la realtà. Prova a placare gli animi Gianni Cuperlo, esponente della minoranza che ha votato Sì al referendum: “Senza rispetto reciproco un partito è debole”. Poi, rivolto a Lorenzo Guerini che aveva aperto la riunione ribadendo che il Pd vuole andare al voto al più presto perché non ha paura del voto, Cuperlo replica: “Ma io ho paura del risultato…”.

(di Serenella Mattera/ANSA)