Colombia: torturata, stuprata e uccisa a 7 anni, il mondo piange la piccola Yuliana

BOGOTA’. – Un crimine particolarmente abietto -il sequestro, stupro ed uccisione di una bambina di 7 anni- ha scosso l’opinione pubblica colombiana, gettando luce sulla la dura realtà dell’abisso che separa le classi sociali e riaprendo perfino il dibattito sulla pena di morte. Yuliana Andrea Samboni era figlia di una coppia di indigeni della regione meridionale del Cauca, rifugiatisi a Bogotà per scappare dalla guerra civile. Il padre lavora come muratore, la madre aspetta il suo terzo figlio. La famiglia Samboni abita in una casa precaria di tre stanze a Bosque Calderon Tejada, una delle baraccopoli della capitale colombiana.

Lo scorso 4 dicembre, la piccola Yuliana stava giocando per la strada quando è stata sequestrata da almeno un uomo, che l’ha portata via a bordo di un furgone. L’inchiesta sul sequestro è stata rapida, grazie alle telecamere di sorveglianza che hanno permesso di identificare il veicolo.

E’ così che, una settimana dopo, il cadavere della bambina è stato scoperto sotto a uno jacuzzi in un appartamento sfitto del quartiere di Alto Chapinero, una zona geograficamente vicina alla baraccopoli dove viveva Yuliana ma a anni luce in termini di distanza sociale. Si tratta infatti di un quartiere residenziale per famiglie facoltose.

L’immobile in cui si trova l’appartamento è proprietà degli Uribe Noguera, una famiglia di ricchi costruttori. Non ci è voluto molto ad identificare il colpevole: Rafael, il rampollo 38enne del clan, architetto di professione e noto come mediocre studente (“il figlio del decano”) e consumatore abituale di cocaina. Di fatto, Uribe Noguera ha cercato di evitare l’arresto facendosi ricoverare in una clinica di disintossicazione, ma lo scandalo creato dal caso è stato tale che la polizia è andato ad arrestarlo.

E’ stato necessario l’intervento della gendarmeria per evitare che l’uomo fosse linciato all’uscita dalla clinica. Ora è rinchiuso in un carcere di alta sicurezza, giacché si teme che portarlo in un carcere comune possa voler dire condannarlo a morte.

L’uomo si dichiara innocente, e l’inchiesta sull’atroce fine della piccola Yuliana sta già registrando i primi intoppi: il portiere dell’immobile dove è stato rinvenuto il corpo della bambina, Fernando Merchan, è stato ritrovato morto due giorni fa. Secondo la polizia si sarebbe trattato di un suicidio, ma sono tanti i fatti che non quadrano nell’inchiesta. Il fratello e la sorella del presunto colpevole l’avrebbero aiutato ad eliminare le prove del suo crimine: il corpo della bambina è stato lavato con olio e i suoi vestiti sono stati distrutti.