Governo Gentiloni, lunedì squadra completa

ROMA – Fragile equilibrio, in attesa che si completi la squadra di governo. All’indomani del via libera di Palazzo Madama, i numeri dell’esecutivo di Paolo Gentiloni, almeno al Senato, continuano a vivere su alcuni nodi ancora aperti a cominciare da quello legato ad Ala-Sc, il cui apporto potrebbe risultare decisivo. E il rebus è direttamente connesso a quello delle nomine di viceministri e sottosegretari, nomine sulle quali il governo dovrebbe decidere lunedì o comunque entro la settimana prossima. Senza, quindi, i tempi record che hanno segnato la sua formazione.
In ballo non ci sono solo le conferme dei viceministri e sottosegretari uscenti che, secondo i rumors di palazzo, dovrebbero essere massicce. C’è da verificare se e come i verdiniani potranno tornare in partita, e quindi in maggioranza. E ci sono da fronteggiare le fibrillazioni dei senatori Ncd. Tanto che all’ultima riunione il gruppo a Palazzo Madama avrebbe scandito ad Angelino Alfano come, nel toto-segretari, i senatori debbano essere adeguatamente rappresentati. E chissà che, nella partita del ‘sottogoverno’ non entri anche qualche esponente dei cosiddetti ‘stabilizzatori’, ovvero di quei gruppi di senatori che al momento risultano strategici per il superamento della maggioranza assoluta.
Da Ala-Sc, al momento, tengono il punto, ma le lusinghe di un ruolo da sottosegretario potrebbero far traballare l’opposizione al governo di qualche parlamentare. Ci sono poi da riempire altre due caselle importanti: quella di vicepresidente del Senato (con Valeria Fedeli divenuta titolare dell’Istruzione) e quella di presidente della commissione Affari Costituzionali (dove la maggioranza ‘rischia’), lasciata dalla neo-ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro. Entrambi gli incarichi saranno votati in Aula a scrutinio segreto, elemento che complica la scelta. Per il primo, non è detto che sia il Pd a subentrare a Fedeli: il Pd , infatti, ha già Linda Lanzillotta, diventata vice presidente quando era in Sc ma oggi nel gruppo Dem. Tanto che, tra i papabili, gira anche il nome del verdiniano di ferro Riccardo Mazzoni. Mentre nella cruciale I commissione i Dem potrebbero scegliere la linea della mediazione interna indicando Vannino Chiti, senatore della minoranza dialogante.
A ‘turbare’ la durata della legislatura resta, all’indomani del caso delle parole di Giuliano Poletti, il nodo del referendum sul Jobs Act. Quella del referendum non deve essere “l’unica via”, spiega il ministro della Giustizia Andrea Orlando invitando il governo aprendo a “possibili modifiche” alla legge:
– Lo scopo del voto non deve essere evitare il referendum.
Tra l’altro, per Alfiero Grandi del Comitato del No non è neanche vero che le elezioni anticipate cancellerebbero automaticamente l’appuntamento con il referendum.
– Poletti e Renzi – sostiene – dimenticano che già nell’87 una norma di due righe fu approvata per consentire di svolgere il referendum sul nucleare pur essendo anno di elezioni. Il Parlamento, con una deroga simile, può consentire ai lavoratori di esprimersi.
Grandi fa riferimento alle elezioni anticipate che si tennero nel giugno di quell’anno e che diedero vita al governo Goria. Il referendum si tenne invece in novembre. Ma c’è chi, come il M5S, va oltre, chiamando ad un Election Day per referendum e politiche: “Risparmieremmo 400 milioni di euro”.
Michele Esposito/ANSA