Novena di Natale e le tradizioni natalizie

Bressanone - Il chiostro - Lunetta
Bressanone – Il chiostro – Lunetta

Il 16 dicembre è iniziata la Novena di Natale: una pratica religiosa che si ripete ogni anno nelle realtà geografiche e nelle comunità in cui si vive l’appartenenza alla Chiesa. Una tradizione del periodo natalizio. Periodo dell’anno (liturgico) dedicato alla riflessione del tema teologico dell’Epifania, la manifestazione di Dio agli uomini, attraverso la memoria storica (e liturgica) dell’Avvenimento della nascita di Gesù.

Per quanto sintetica, e con la pretesa di essere completa, questa premessa, vorrebbe dare l’avvio ad un testo, che mi frulla nella mente, sulle tradizioni popolari, legate – qui da noi – al soggetto “NATALE”.

Mi rendo conto, però, che, proprio in coerenza con lo stile delle mie comunicazioni, sempre alla ricerca della trasparenza linguistica, innanzitutto dovrei spiegare lessicologicamente i termini: novena, natale, religione, chiesa, liturgico, teologico, epifania.

Nello stesso tempo resto tuttavia convinto che questo mio discorso, essendo destinato ad una popolazione di lettori definita dalla sua storia, dalla sua cultura peculiare, dalla sua appartenenza geografica e sociologica, sia ugualmente agevole ai suoi destinatari, nonché ad altri cultori eventualmente interessati.

Perciò, entro subito in argomento, limitandomi a ripetere per adesso la definizione di tradizione e di novena. Riservandomi, se del caso, di ritornare con note di approfondimento nel prosieguo delle riflessioni, quando dovesse richiederlo la reale esigenza di comprensione del discorso.

“Tradizione”, qui, è il patrimonio di idee, valori, memorie, comportamenti, riti, che si producono e si conservano durante il cammino della storia all’interno di una comunità, che sia familiale o nazionale, più o meno omogenea, comunque consenziente, e certamente solidale nella loro conservazione. Almeno fino a quando il loro contenuto di significato resta vivo. Tradizione è il sostantivo astratto derivato dal verbo latino, composto di do, trado (trans + do = do, consegno, attraverso …).

“Novena” – evidente la sua derivazione dal numero nove – è un ciclo della durata di nove giorni, di attenzione, di riflessioni, di preghiere, in preparazione di una festa o altra ricorrenza, tipico del devozionismo religioso cristiano, legato probabilmente al simbolismo dei numeri, proprio della cultura ebraica.

Ora, tutto ciò, non esclude la percezione che se ne ha comunemente, quando si pensa a tradizione e a novena, percezione che ci viene dall’esperienza esistenziale. Per cui tradizione venga sentita come folklore popolare; e novena vale come particolare clima natalizio, caratterizzato da atmosfere, canti, suoni, profumi, gesti, sapori, del Natale; cose che nel meridione d’Italia sono sintetizzate nella melodia degli zampognari diffusa nelle case e nelle contrade, durate le due novene di dicembre: quella dell’Immacolata, e quella del Natale.

Sulla scorta di quest’ultima considerazione avevo prodotto una serie di articoli sulle tradizioni natalizie, quelle più care della mia infanzia (il presepe, il pranzo della vigilia e i dolci tipici, la Cantata dei pastori, la Canzone dello Capodanno, ecc.), e quelle più significative della mia maturità (san Nicolò, la corona d’Avvento, il calendario d’Avvento, i cantori della stella, ecc.).

Articoli che di anno in anno ripropongo, riletti e aggiornati nella loro veste editoriale. Non mi era mai capitato di parlare delle “Messe rorate”, pur conoscendone l’esistenza da quando risiedo in Alto Adige. Il motivo semplice era che non mi ero mai addentrato nell’articolazione di questa pratica, per il fatto di non avervi mai partecipato. Anche se so che si tratta essenzialmente di una serie di celebrazioni eucaristiche (in genere la prima messa del mattino, prima dell’alba) durante tutto il periodo d’Avvento, fino alla vigilia di Natale.

Rorate (2^ persona plurale, modo imperativo, tempo presente, del verbo latino roro = “stillare rugiada”) è la prima parola di un versetto del testo di Isaia (Is, 45, 8): “Roràte coeli dèsuper et nubes pluant iustum; aperiàtur terra et gèrminet salvatòrem” [O cieli, fate scendere la rugiada dall’alto, e le nubi facciano piovere la giustizia; la terra si apra e faccia germogliare la salvezza].

Versetto utilizzato come antifona d’ingresso alla celebrazione della messa della IV domenica dell’Avvento, nell’imminenza del Natale di Gesù. Versetti come questi, tratti dalla Bibbia, e registrati come profezie, solenni affermazioni di anime ispirate, Patriarchi e Profeti del popolo ebraico, risuonano nella liturgia delle quattro settimane d’Avvento, e danno spunti di riflessione teologica ed esistenziale al bisogno di Dio ed all’attesa della sua rivelazione, e alla manifestazione del suo amore per l’uomo.

In quanto alta poesia, queste citazioni bibliche contribuiscono a creare l’atmosfera natalizia, essendone la matrice storico-letteraria di valenza esistenziale; e, nello stesso tempo, il punto di partenza della tradizione popolare. Il rito delle “messe rorate” è quello canonico, l’orario non è proprio una grande novità considerata anche la grande partecipazione di clero e di popolo; l’elemento di novità, se mai, è l’organizzazione: un ciclo serrato di cerimonie mattutine di 28 giorni di seguito (il classico Calendario d’Avvento) a cui si è cominciato a pensare a partire dall’estate, per fissare celebranti, concelebranti, organisti, strumentisti, corali, gruppi, e solisti all’interno di un quadro organico in cui, comprese anche le famiglie che offrono l’obolo per la singola messa e le stesse intenzioni di preghiera, tutti i ceti sociali trovino il loro posto, a garantire una presenza significativa che non può mancare.

Tutte messe cantate, animate da bande, corali, gruppi e solisti che eseguono composizioni di musica sacra e di accompagnamento liturgico dei più diversi repertori. Una vera collegialità di presenze, sostenuta da larga partecipazione di popolo: l’umanità che sospira la Luce che viene ad illuminare la terra.

Luigi Casale

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