Berlino, al mercato di Natale tra paura e rabbia

BERLINO.- E’ un blocco grigio, il tir che ha schiacciato il Natale a Berlino e in Germania. Tra i lampeggianti blu di una schiera di ambulanze, è conficcato nel cuore della capitale tedesca proprio sotto i simboli del suo passato tragico e del suo benessere, tra turisti spauriti e rabbia per la possibile matrice islamista dell’attentato.

Visto da poche decine di metri, dove corpulenti poliziotti vestiti di nero accompagnano i giornalisti, colpisce perché ha finito la sua corsa sotto la Gedaechtniskirche, la cosiddetta ‘Chiesa del ricordo’ che commemorava un imperatore ma soprattutto le distruzioni belliche con la sua guglia spezzata. Un moncone che i berlinesi chiamano il “dente cariato” e che è il centro della ex-Berlino ovest dei tempi del Muro: un doppio simbolo del passato tedesco sviluppatosi nell’orrore nazista seguito dallo storico abbaglio comunista.

Più avanti, sulla Budapesterstrasse, si erge il palazzone dell’Europa Center, con la stella della Mercedes che anche stasera girava, come gira l’economia tedesca fatta di auto e tecnologia. E c’è un enorme fiocco di piccole luci che incarta un edificio sottostante: l’immagine del Natale, dei regali, della gioia di (ben) vivere che il tir ha spento.

Le luminarie che ornano anche il resto della piazza stasera facevano solo tristezza. Tra una folla di giornalisti, nel punto dove si può arrivare senza essere fermati dalla polizia, al freddo di tre gradi della notte berlinese, si nota qualche curioso e si è sentito anche parlare italiano: una famiglia “di Massa Carrara”, padre, madre e una ragazza, tutti “per la prima volta a Berlino”, hanno raccontato di aver visitato il mercato proprio ieri e di essere stati raggiunti dalla notizia dell’attentato mentre erano dall’altra parte della città, a est, nella Alexander Platz. Hanno notato ambulanze, poi sono stati avvertiti da amici. Sono visibilmente scossi e inquieti e si lasciano identificare solo con il nome della signora, Ersilia.

Sotto i riflettori delle telecamere un giovane col pizzetto rilascia interviste. “non siamo più sicuri – dice – è triste: perché sono così? Il mondo è in rovina”. Alla domanda su come si chiami ammette di essere romeno e di fare il manager in un hotel.

Un’altra domanda, a un’altra persona. Anche lui è uno “straniero”. Ma, immobile, dove la folla è più rada, c’è un uomo alto. Lui sì, è tedesco: “Paul Schmidt”. Il nome risuona forte e chiaro, e anche le sue opinioni: “Grazie Merkel”, sibila, sintetizzando in una frase il dibattito di un anno sull’apertura straordinaria delle frontiere ai migranti per risolvere la crisi umanitaria nel Balcani, voluta dalla cancelliera nel settembre 2015.

“Ce la facciamo”, ironizza, riecheggiando una storica frase con cui Merkel ha sostenuto la capacità del Paese di reggere all’impatto del flusso migratorio. E al cronista italiano aggiunge: “aveva ragione la vostra Fallaci”. Anche qui un rimando, obliquo, che anticipa le indagini e punta il dito sul terrorismo islamico. “Mi vergogno come tedesco. Si sapeva che sarebbe accaduto”, afferma ancora negando di essere un esponente del partito populista Afd, anche se le sue idee “vanno in quella direzione”. “Ma in me c’è più rabbia che tristezza, stasera”.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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