Brindisi al Colle, le urne si fanno più lontane

ROMA. – “Qui non si vota prima di ottobre”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha finito di parlare da pochi minuti e Gianni Letta, con una battuta lapidaria a Mario Mauro, fotografa l’umore più diffuso tra leader politici e alte cariche dopo il discorso del Capo dello Stato.

Primo scambio di auguri natalizi dell’era dopo Renzi assente alla cerimonia e segnata, invece, dal ritorno al Colle di Silvio Berlusconi che, davanti a Mattarella, assicura al neo premier Paolo Gentiloni il “soccorso azzurro su tutto” a partire da Mps, facendo tirare un sospiro di sollievo all’esecutivo che domani dovrà incassare dalle Camere la maggioranza assoluta per un intervento fino a 20 miliardi per le banche.

Il ‘partito di settembre’, formula a cui si iscrivono parlamentari che puntano a dopo l’estate per ottenere il cumulo della pensione, ma anche osservatori più disinteressati interpretano nell’insistenza di Mattarella ad una legge elettorale omogenea e nell’indicazione di scadenze e emergenze, nonchè nella “necessità di un clima più sereno” la mancata urgenza di urne anticipate.

“Come ha ricordato Mattarella – osserva il dem Francesco Boccia – ‘ci troviamo nella fase conclusiva della legislatura’, e spetterà solo a lui stabilire se e quando sciogliere anticipatamente le Camere in relazione alla capacità dei partiti di assumersi le responsabilità di una legge elettorale coerente e duratura nel tempo”. Non la pensano così, invece, i renziani.

“Sono d’accordo con il Capo dello Stato, ha detto che bisogna fare presto una legge elettorale”, è l’analisi di Graziano Delrio al Colle insieme ai riconfermati e nuovi ministri del governo Gentiloni. D’altra parte l’apertura di Matteo Renzi sul Mattarellum, una legge che sarebbe pronta all’uso, raccoglie ad ora solo il sostegno entusiasta di Matteo Salvini.

Berlusconi non fa mistero di guardare, come molti, ad un sistema proporzionale: “Oggi abbiamo tre poli. Penso ad un modello proporzionale condiviso”. Ed anche i tempi per entrare nel merito del confronto tra partiti si allontana a dopo la sentenza della Consulta il 22 gennaio.

Il leader Pd, dal canto suo, ha deciso di adottare almeno fino a gennaio il low profile. Domani sarà a Roma per incontrare i segretari regionali e provinciali per cominciare un rilancio che “riparta dall’Italia”. Ma la riunione della segreteria nazionale non ci sarà così come sono stati rinviati i cambiamenti con innesti di nuove personalità e l’apertura ad altre aree del partito.

E l’idea di rinviare alcuni nodi a dopo Natale per una riflessione più accurata sembra toccare anche il governo per la questione di viceministri e sottosegretari. Venerdì ci sarà il consiglio dei ministri ma stasera da più parti si ipotizzava un rinvio delle nomine.

“Abbiamo lasciato a Verdini e Sc la decisione se entrare o meno”, spiega un big della maggioranza lasciando intendere la divisione tra Ala e Sc sull’opportunità o meno di accettare posti secondari dopo essere stati esclusi dai posti di ministro. Riflessione che il governo potrebbe non aver urgenza a sollecitare anche perchè, dopo il delicato voto di domani sulla revisione dei parametri di finanza pubblica, le Camere si aggiorneranno a dopo le vacanze natalizie.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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