Renzi guarda al dopo Consulta, il Pd resta il primo partito

ROMA. – Matteo Renzi riavvia la macchina del Pd dopo la ‘botta’ del referendum e dopo la manutenzione, non sempre perfetta, dovuta agli impegni di governo. Riunendo i segretari regionali e provinciali al Nazareno, il leader dem, in versione zen ma non scoraggiata, guarda già al 2017 avviando una campagna d’ascolto che culminerà il 21 gennaio nella mobilitazione dei circoli che sarà propedeutica alla campagna elettorale perchè, è la linea dell’ex premier, anche se il Pd sostiene Gentiloni, “che si voti a giugno o a fine legislatura, è in ogni caso questione di mesi e noi siamo ancora il primo partito”.

E’ chiaro a tutti che il grimaldello per andare a votare sia la legge elettorale. Durante il brindisi di auguri al Nazareno, con cui conclude la giornata romana, Renzi fa il punto con il deputato dem Michele Nicoletti che pochi giorni fa ha ripresentato alla Camera il ddl per reintrodurre il Mattarellum. La proposta è in stand by e l’accoglienza tra i partiti è fredda tra il niet di Berlusconi ed il sì di Matteo Salvini. Ma il segretario dem vuole tenere sul tavolo il Mattarellum almeno fino alla decisione della Consulta quando i giochi politici entreranno nel vivo.

In vista di allora, Renzi avvia la ‘campagna d’inverno’ con un rafforzamento del partito sul territorio che sarà propedeutico alla campagna elettorale quando sarà e alla quale il Pd dovrà “farsi trovare pronto”: il 27-28 l’assemblea nazionale riunirà a Rimini gli amministratori locali a Rimini, a febbraio ci sarà il congresso straordinario delle federazioni commissariate, Roma inclusa. E a fine febbraio la conferenza programmatica del Pd, richiesta anche dalla minoranza.

La resa dei conti con la sinistra interna è rinviata al congresso ma l’ex premier non ha intenzione di subire in silenzio quelli che i fedelissimi considerano i continui strappi dei bersaniani, da ultimo la minaccia di Roberto Speranza di votare la sfiducia a Poletti.

“La liberalizzazione dei voucher fu fatta dal governo Monti, con Bersani segretario e l’appoggio del Pd: il governo Renzi semmai ne ha limitato l’uso”, ribatte il presidente dem Matteo Orfini, anche lui al partito per la giornata di messa a punto del partito.

In versione zen e pur riconoscendo “errori”, il leader Pd ha invitato a non cedere alla depressione: la sconfitta referendaria, ha detto ai segretari locali, serve “non ad auto-flagellarci, ad avviare una terapia di gruppo che non interessa a nessuno, ma a migliorarci, a creare l’inizio di una grande costruzione dal basso di un programma per l’Italia dei prossimi anni”.

Il 40 per cento di sì al referendum, ha spronato il leader dem, è “frutto di una proposta politica omogenea e quindi di una forza politica propositiva” a differenza dei no, sostenuti da un blocco di forze diverse l’una con l’altra.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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