Caso Maugeri: 6 anni a Formigoni, confiscati beni per 6,6 milioni

Roberto Formigoni in una immagine di archivio ANSA/ FABIO CAMPANA
Roberto Formigoni in una immagine di archivio ANSA/ FABIO CAMPANA

MILANO. – I suoi guai giudiziari sono cominciati circa vent’anni fa e solo oggi, dopo essere passato per assoluzioni e proscioglimenti, Roberto Formigoni è stato condannato a 6 anni di carcere per corruzione. Quando era al vertice della Lombardia l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone, suoi coimputati, gli avrebbero pagato viaggi di lusso ai Caraibi, vacanze in barca, cene da gran gourmet. Lui avrebbe goduto benefit, tra cui anche un maxi sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna, in cambio di delibere di Giunta con le quali, per anni, avrebbe garantito rimborsi extra per circa 200 milioni di euro alla Fondazione Maugeri e al San Raffaele.

E’ quanto ha deciso la decima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Gaetano la Rocca, al termine di un processo durato oltre due anni e nel quale gli imputati erano 10. “Ritengo ingiusta la sentenza – ha detto Formigoni – e la impugnerò, convinto che la mia piena innocenza sarà riconosciuta. Sono amareggiato ma sereno. Mai ho lasciato che interessi personali influissero sulle mie scelte di governo”.

I giudici oltre a Formigoni hanno condannato Daccò a 9 anni e 2 mesi di reclusione (che si aggiungono ai 9 anni che sta scontando in cella per il crac dell’ospedale), Simone a 8 anni e 8 mesi di carcere, Costantino Passerino, ex direttore amministrativo della ente con sede a Pavia a 7 anni, e Carlo Farina, imprenditore, a 3 anni e 4 mesi e 2 mila euro di multa.

Assolti, invece, con formula piena, l’ex direttore generale della sanità Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, l’ex moglie di Simone Carla Vites e Alberto Perego, amico storico dell’ex Presidente lombardo.

Il collegio con la sua sentenza – per leggerla il giudice La Rocca ha impiegato una ventina di minuti – ha fatto però alcuni distinguo: ha ritenuto il ‘Celeste’ estraneo alla associazione per delinquere, reato contestato invece al terzetto Daccò-Simone-Passerino, i quali quindi avrebbero fatto parte di quel “gruppo criminale”, come avevano spiegato durante la loro requisitoria i pm Laura Pedio e Antonio Pastore, che avrebbe messo a punto una attività “di corruzione sistemica” fino a raggiungere i vertici del Pirellone bypassando i dirigenti.

Così l’interdizione dai pubblici uffici per Daccò e Simone è stata dichiarata in perpetuo, per Passerino per 6 anni e cinque mesi, per l’ex numero uno del Pirellone per 6 anni e per Farina per 5 anni. Il faccendiere, l’ex assessore e l’ex Governatore dovranno versare in solido a Regione Lombardia una provvisionale di 3 milioni di euro. Ai principali condannati sono stati anche confiscati beni sequestrati durante l’inchiesta per un valore fino a quasi 70 milioni: al solo Formigoni oltre 6,6 milioni – questo sarebbe il prezzo della corruzione -, tra porzioni di immobili, compresa metà della villa di Arzachena, depositi su conti correnti, 3 auto non di grossa cilindrata e quadri.

In aula dopo la lettura del dispositivo – avvenuta alla presenza anche del Procuratore della Repubblica Francesco Greco – i pm si sono abbracciati. Sanese è andato via stringendo la mano a tutti quelli che gli sono capitati a tiro non nascondendo di essere “contento”, mentre Alessandra Massei si è emozionata al punto da avere le lacrime agli occhi. Domenico Aiello, legale di Regione Lombardia ha spiegato che “l’impianto accusatorio in linea di massima ha retto e l’assoluzione degli ‘interni’ al Pirellone ridà stabilità a chi crede in questo lavoro”.

Non così per gli avvocati Gabriele Vitiello e Matteo De Luca, difensori di Dacco’ (il quale ha ascoltato senza proferire parola): per loro il verdetto “stravolge la verità. Attendiamo ovviamente di leggerne le motivazioni per poi impugnare”.

Anche la difesa di Formigoni, rappresentata da Mario Brusa e Luigi Stortoni, non condivide la sentenza: “presenteremo ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni – ha detto Stortoni -. Ci preme sottolineare che è caduta l’accusa di associazione per delinquere sulla quale poggiava l’impianto accusatorio, cosa che rivela un certo carattere di montatura”.

Inoltre l’assoluzione dei funzionari della Regione “dimostra che le attività erano svolte in maniera legale e che la sanità lombarda era gestita correttamente”. Entro 90 giorni le motivazioni, poi l’appello.

(di Francesca Brunati e Igor Greganti/ANSA)

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