Al via il taglio dell’Opec, greggio a 55 dollari

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ROMA. – Schizza l’inflazione in Germania, innescata dal rialzo dei prezzi del petrolio, e i critici della politica monetaria iper-espansiva della Banca Centrale Europea vanno all’attacco chiedendo l’uscita dal Quantitative easing, ossia dal piano di acquisto di titoli su larga scala, varato dal presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, proprio per far risalire l’inflazione nell’Eurozona vicino all’obiettivo del 2%.

A dicembre il tasso di inflazione tedesco è volato su base annua all’1,7% dallo 0,7% di novembre, segnando il balzo più drastico nelle statistiche tedesche, con il tasso più alto da luglio 2013 e abbondantemente sopra le attese degli analisti, che avevano stimato un rialzo più contenuto all’1,3%. Anche in Francia i prezzi al consumo sono saliti, registrando un +0,8% che rappresenta l’incremento più forte da maggio 2014, mentre quella spagnola ha segnato il top dal 2013 all’1,4%. E per domani sono attesi i dati per l’Italia e per l’Eurozona.

A spingere il rialzo dei prezzi è il rally delle quotazioni del petrolio sulla scia dell’accordo Opec di novembre per il taglio della produzione, entrato in vigore con l’alba del nuovo anno. Il Kuwait è stato tra i primi Paesi a rendere operativa l’intesa con una riduzione della sua produzione di 130 mila barili al giorno, a circa 2,75 milioni.

E così il greggio, versione Wti, è schizzato oltre i 55 dollari al barile per la prima volta da luglio 2015, mentre il Brent è salito sopra i 58 dollari e anche in questo caso ai massimi da luglio 2015, prima di ripiegare entrambi nella seconda parte della seduta ma con le quotazioni comunque ben oltre la soglia dei 50 dollari.

“Questo salto dell’inflazione è un un segnale per l’uscita dalla politica monetaria espansiva della Bce”, ha affermato il presidente dell’istituto Ifo di Monaco, Clement Fuest, sottolineando che “se questi numeri si confermeranno per l’intera Eurozona, la Bce dovrebbe cessare il programma di acquisto titoli nel marzo 2017”.

Anche per l’esperto dell’istituto economico Ifw di Kiel, Stefan Kooths, la Bce “dovrebbe uscire dalla sua politica ultra-espansiva”, i cui vantaggi non sono ormai più riconoscibili mentre aumentano i rischi. L’economista sostiene infatti che l’Istituto centrale guidato da Draghi si è cacciato “in una trappola” perché molti Stati fortemente indebitati sono dipendenti dal denaro a basso costo e anche molte banche avrebbero problemi con una svolta dei tassi.

La Bce stima un rialzo dell’inflazione nell’Eurozona all’1,7% nel 2019. L’impennata a sorpresa dell’inflazione in Germania, che dovrebbe alimentare un aumento dei prezzi al consumo nel blocco euro nel suo complesso, e la prospettiva di un graduale ridimensionamento del Qe hanno fatto scattare una pioggia di vendite sui titoli di Stato di Italia e Portogallo. “I due Paesi più vulnerabili ad una riduzione degli aiuti di stimolo” da parte della Bce, spiegano gli analisti.

Lo spread tra il Btp e il Bund ha così archiviato la seduta in rialzo a 160 punti base dai 155 punti di ieri, e dopo un avvio in calo, col tasso sul decennale del Tesoro in crescita all’1,86%. Sul mercato azionario la Borsa di Francoforte sconta il deciso rialzo dell’inflazione tedesca, chiudendo in calo dello 0,12%, mentre gli altri listini del Vecchio Continente hanno terminato la seduta in territorio positivo grazie al rally dei titoli bancari: Parigi sale dello 0,35% e Londra dello 0,49%, stabile Milano (+0,04%). Piazza Affari ha inoltre beneficiato della perdurante ascesa di Banco Bpm, in rialzo del 7,2%, ma sugli scudi anche Ubi (+4,3%), Bper (+3,8%), Mediobanca (+2,9%) e Intesa Sanpaolo (+2,2%). Frena invece Mediaset (-1,2%) con le prese di profitto.

(di Alfonso Abagnale/ANSA)

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