Caritas, per la questione migranti la soluzione è l’accoglienza diffusa

ROMA. – Per la questione migranti “la soluzione vera è l’accoglienza diffusa sul territorio”. Ne è sempre più convinto Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas italiana, che, commentando con l’ANSA l’accento posto dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, sull’importanza dell’integrazione come “seconda gamba” del piano immigrazione, fa notare che in realtà “più integrazione vuol dire fare vera prevenzione”.

“Integrazione e prevenzione sono un binomio di cui si parla da sempre. E’ chiaro – afferma Forti – che la prevenzione è la prima preoccupazione da parte delle istituzioni, ma non può essere immaginata solo come un insieme di misure restrittive nei Cie, va abbinata a un piano di integrazione che in Italia manca”.

Gli interventi sul fronte dell’accoglienza ci sono, vengono portate avanti tante iniziative, ma le risorse sono poche, provengono soprattutto dall’Europa, dal fondo Fami (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione), ma non in misura sufficiente – sottolinea il responsabile della Caritas – a sviluppare azioni strutturate, con quanto necessario per tradurre in concreto la parola integrazione: aiutando gli immigrati a imparare l’italiano, a inserirsi nel tessuto sociale, trovare una casa, un lavoro, una comunità che li accoglie.

“Il Governo sta facendo la sua parte”, “ci sono realtà, nella Chiesa e nella società civile, che stanno dando il loro contributo attivamente da anni occupandosi di migliaia di persone”, ma “la soluzione vera – insiste Forti – è l’accoglienza diffusa sul territorio”.

Nei grandi centri “dove si registrano grandi assembramenti, l’accoglienza non funziona, spesso si creano condizioni di invivibilità” prosegue Forti citando la vicenda di Cona e bocciando l’idea di un Cie in ogni Regione. “Serve piuttosto dare un messaggio culturale chiaro. Noi lo stiamo facendo – racconta ad esempio l’esponente della Caritas – con il progetto ‘Rifugiato a casa mia’, persone che accolgono nella propria famiglia cittadini stranieri”.

“Naturalmente – conclude Forti – ci aspettiamo che vicende come quella di Anis Amri non si ripetano”. Già lo scorso febbraio la Caritas in una nota riservata all’allora ministro dell’Interno aveva messo in evidenza che “il meccanismo degli hotspot si sta rivelando una fabbrica di clandestinità: generando respinti, lasciando le persone a vagare sul territorio, li si espone al forte rischio di finire nelle maglie della criminalità organizzata, sia in qualità di vittime, che di complici, alimentando il senso di insicurezza degli stessi territori”.