Il lascito di Obama a Trump, boom del lavoro e record Wall Street

NEW YORK. – Barack Obama lascia in eredità a Donald Trump un’economia in salute, con il mercato del lavoro in continuo miglioramento. E Wall Street che sale di record in record, proseguendo un rally innescato dalla vittoria del presidente eletto e dalla speranza dei promessi sgravi fiscali.

Alla finestra invece la Fed: i 156.000 posti di lavoro creati in dicembre, con un tasso di disoccupazione salito al 4,7%, rafforzano i ‘falchi’ all’interno della banca centrale, e rafforzano i possibili timori su un surriscaldamento del mercato del lavoro e delle pressioni inflazionistiche, con i salari balzati del 2,9%, nell’aumento maggiore dal 2009. E gli ultimi dati non includono il previsto aumento del salario minimo che scatterà quest’anno in 19 stati americani. La fotografia del mercato del lavoro di dicembre è l’ultima dell’era Obama.

Con il presidente in carica l’economia americana ha creato dal 2010 più posti di lavoro che l’intero G7: gli Stati Uniti “sono più forti, più resistenti e meglio posizionati per il 21mo secolo con le politiche portate avanti da Obama”, afferma la Casa Bianca, plaudendo il 75mo mese consecutivo di crescita dell’occupazione.

Obama lascia l’economia americana in uno stato ben diverso da quando è salito alla Casa Bianca nel gennaio 2009, quando il tasso di disoccupazione era al 7,8%, per poi salire al 10% al picco della crisi. Durante gli otto anni di Obama, gli Stati Uniti hanno risentito anche della crisi dell’Europa, che ora però è in ripresa, come dimostrato dal balzo dell’indice di fiducia salito a 107,8, ai massimi dal 2011.

Nel 2016, in ogni caso, la crescita del mercato americano del lavoro è rallentata. Un rallentamento in parte fisiologico, con l’avvicinarsi della piena occupazione. Nell’anno appena concluso, infatti, sono stati creati 2,2 milioni di posti di lavoro, il risultato peggiore dal 2011. Il dato di dicembre, comunque, seppur sotto le attese degli analisti che scommettevano su 175.000 posti, mostra come la crescita prosegua. E soprattutto come i salari siano in aumento, consentendo agli americani di avere più soldi in portafoglio per alimentare quei consumi che sono il motore dell’Azienda America.

La palla ora passa al presidente eletto, che ha conquistato la Casa Bianca promettendo posti di lavoro e che ha promesso un vasto piano di investimenti nelle infrastrutture, un taglio delle tasse e soprattutto il ‘rimpatrio’ di posti di lavoro, soprattutto dal Messico, per stimolare la crescita.

L’attesa di un maxi stimolo di bilancio da parte di Trump ha innescato un rally a Wall Street, con il Dow Jones che flirta con la soglia psicologica record dei 20.000 punti. L’unica alla finestra è la Fed che, secondo gli analisti, resta in corsa per almeno tre aumenti dei tassi di interesse nel 2017.

L’andamento del mercato del lavoro, con il balzo dei salari, “dicono alla Fed di non ritardare ulteriore strette. Riteniamo che il prossimo aumento dei tassi arriverà entro marzo” mette in evidenza Ian Sheperdson, di Pantheon Macroeconomics. E la banca centrale, con il presidente della Fed di Richmond James Lacker, sembra confermarlo. ”I tassi di interesse potrebbero dover salire più velocemente di quanto il mercato si attende”.

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