Via il capo della Polizia Postale, ha sottovalutato l’inchiesta

Polizia postale controlli al computer.
Polizia postale controlli al computer.
Polizia postale

ROMA. – “Ha sottovalutato la portata dell’inchiesta”, un’indagine che potrebbe aver messo a rischio la sicurezza dello Stato e le cui dimensioni tuttora non sono chiare neanche a chi indaga da mesi. Sta in questo particolare, tutt’altro che marginale, il motivo alla base della decisione del capo della Polizia Franco Gabrielli: spostare ad altro incarico il direttore della Polizia Postale Roberto Di Legami nel giorno in cui, con l’arresto dei fratelli Occhionero e la discovery dell’inchiesta sulla centrale del cyberspionaggio, gli uomini e le donne del Servizio portano a casa un importante successo.

A Di Legami è già stato assegnato un altro incarico: andrà all’Ucis, l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, con un compito non operativo. Si occuperà dell’analisi dello stato della sicurezza delle persone sottoposte a protezione. Anche il suo successore è stato già nominato: è Nunzia Ciardi, fino a ieri direttore del Compartimento Lazio della Polizia Postale, lo stesso guidato da Di Legami prima di arrivare alla Direzione centrale.

La decisione di avvicendare Di Legami, il capo della Polizia l’ha maturata nella tarda mattina di ieri, prima di andare alla Camera dove aveva in programma un’audizione davanti alla Commissione d’inchiesta sulle periferie: a quell’appuntamento, infatti, Gabrielli è arrivato senza conoscere i dettagli dell’inchiesta. Nonostante fossero otto mesi che l’indagine era in corso.

Un problema serio, ha sottolineato ai suoi collaboratori, non per la mancata informazione in sé quanto perché in ballo c’erano i nomi di personalità al vertice delle istituzioni italiane ed europee. Il nodo sollevato da Gabrielli è semplice ed è anche una risposta indiretta a chi, oggi, parla di una scelta inopportuna: più che di interessi investigativi, ha detto ai suoi, ci si doveva interessare della sicurezza nazionale.

Perché in questo caso non c’era un’indagine nei confronti della presidenza del Consiglio o del presidente della Banca centrale europea, né tantomeno qualcuno era indagato. Piuttosto, Renzi e Dragi, e le altre personalità politiche e istituzionali, erano le vittime della presunta attività di spionaggio.

C’era, dunque, un chiaro ed evidente problema di sicurezza per il Paese, essendo a rischio di spionaggio i vertici dello Stato e personalità di altissimo rilievo a livello europeo e mondiale. Sottovalutazione, dunque, da parte di Di Legami, ma anche la ‘mancata tempestività’ nell’informare i vertici del Dipartimento di Pubblica Sicurezza.

L’indagine parte infatti il 1 marzo del 2016, un mese dopo la ricezione da parte del responsabile della sicurezza dell’Enav della mail contenente il virus. E tra giugno e luglio dell’anno scorso avvengono i tentativi di intrusione nella mail privata di Matteo Renzi e in quelle istituzionali di Mario Draghi e di Mario Monti. Sempre a giugno e inizio luglio, inoltre, vengono effettuati i tentativi di entrare nella casella mail di Mario Canzio, per 8 anni Ragioniere dello Stato, vale a dire l’uomo cui spetta il controllo dei conti di tutta l’amministrazione pubblica.

Seppure all’inizio non era ben chiara la natura dell’indagine, è stato il ragionamento di Gabrielli, a giugno era chiarissimo quel che stava accadendo. Ma nei successivi sei mesi il Direttore della Polizia Postale non ha informato né il suo diretto superiore, il Direttore delle specialità della Polizia, né altri. Una sottovalutazione della portata dell’inchiesta, che gli è costata il posto.

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