Condannata la cameraman ungherese che sgambettò un profugo

BELGRADO. – Petra Laszlo, videoperatrice dell’emittente ungherese N1TV, era diventata tristemente famosa per lo sgambetto assestato nel settembre 2015 a un profugo siriano con in braccio il figlio di 7 anni, in fuga dalla polizia magiara che, nel pieno dell’emergenza migranti nei Balcani, li inseguiva nel sud dell’Ungheria al confine con la Serbia.

Ora la donna, che era stata poco dopo licenziata in tronco dalla tv per cui lavorava, per quell’atto insieme maligno e infame – il profugo sgambettato era caduto rovinosamente a terra insieme al figlio – è stata condannata dal tribunale di Szeged (Seghedino) a tre anni di libertà vigilata per ‘comportamento scorretto’.

Il video con le immagini che inchiodavano la Laszlo aveva fatto il giro del mondo suscitando profondo sdegno e unanime solidarietà nei confronti di Osama Abdul Mohsen, il profugo siriano vittima della cattiveria umana, e il piccolo Zaid, 7 anni.

La cameraman ungherese non era presente in tribunale al momento della sentenza, ma si è fatta viva da una località sconosciuta cercando, in lacrime, di giustificarsi e difendersi, e annunciando ricorso in appello contro la condanna.

L’episodio poco edificante avvenne l’8 settembre 2015 nel corso di una carica della polizia ungherese che, nei pressi del villaggio di Roeszke, nel sud del Paese al confine con la Serbia, inseguiva gruppi di migranti e profughi della rotta balcanica riusciti di forza a sconfinare in territorio ungherese.

Pochi giorni dopo il premier conservatore ungherese Viktor Orban ordino’ la costruzione di una barriera metallica e di filo spinato anti-immigrati lungo tutti i 175 km della frontiera con la Serbia. Primo di una lunga serie di altri muri in Europa.

Ma Osama e Zaid, nonostante lo sgambetto, ce l’avevano fatta a continuare il viaggio verso ovest, e dopo qualche giorno erano arrivati in Germania, da dove quasi subito erano ripartiti in treno per la Spagna. Il 19 settembre per Zaid, calciatore in erba e grande tifoso di Cristiano Ronaldo, fu una giornata memorabile: invitato dal Real Madrid, incontrò il suo idolo al Santiago Bernabeu.

Lo scalpore generato dall’intera vicenda aveva infatti indotto a un gesto di solidarietà i dirigenti della scuola di allenatori di Getafe, a nord di Madrid, che avevano invitato il profugo siriano, ex allenatore nel suo Paese della squadra di calcio Al-Fotuwa di prima divisione.

Osama, al quale era stato promesso un lavoro nella scuola o nella squadra del Getafe Fc, aveva ottenuto un appartamento di 100 metri quadrati e la possibilità di far giungere in Spagna anche la moglie e gli altri due figli che erano ancora in Turchia.

Ma quello che per il rifugiato siriano era ormai un autentico sogno che si stava realizzando si è bruscamente interrotto: lo scorso ottobre infatti Osama Abdul Mohsen è stato licenziato dalla scuola allenatori di Getafe dove aveva lavorato fino ad allora, con la motivazione che non aveva ancora imparato lo spagnolo e che per questo non poteva svolgere al meglio il suo lavoro. La scuola si è detta tuttavia disposta a riassumerlo il prossimo febbraio se dimostrerà di aver imparato la lingua.