Dietro il dieselgate la guerra delle alleanze

TORINO. – Il mondo dell’automobile è in fibrillazione. La svolta di politica industriale negli Usa con l’inizio dell’era Trump e il nuovo dieselgate riaccendono i riflettori sul futuro del settore nel prossimo decennio e sul nodo delle alleanze. L’anno è partito all’insegna delle novità tra il mito dell’auto senza volante con le società della Silicon Valley protagoniste e i progetti che puntano alla trazione totalmente elettrica come il prototipo Portal presentato da Fca a Las Vegas.

Non si tratta di una partita slegata dalle altre perché proprio l’innovazione potrebbe dare un’accelerata sul fronte del consolidamento. Finora aziende come Google e Apple non hanno manifestato l’intenzione di entrare nella produzione di auto, ma proprio la guida autonoma potrebbe diventare in futuro l’occasione per alleanze.

Nell’immediato i fronti aperti sono due. Uno è quello del nuovo scandalo emissioni con le accuse mosse a Fca dall’Epa – l’agenzia americana per l’ambiente – e dal Dipartimento della Giustizia. Nelle stesse ore a Parigi è partita l’inchiesta sull’inquinamento dei motori diesel Renault. E’ ricominciato anche il pressing di Bruxelles che ha riaperto la disputa italo-tedesca di qualche mese fa.

La vicenda emissioni, diversa da quella Volkswagen, potrebbe non avere un forte impatto su Fca – sostengono gli analisti – anche per quanto riguarda l’entità della sanzione economica, ipotesi favorita anche dal cambio al vertice dell’Epa con l’arrivo di Trump.

Potrebbe avere invece riflessi sul capitolo alleanze che per il gruppo guidato da Sergio Marchionne resterebbe congelato fino alla chiusura completa delle indagini avviate. Tutto questo proprio quando sembrava riaprirsi qualche spiraglio per possibili nozze con Gm, a cui l’ad di Fca ha fatto tante avances finora però respinte.

Il secondo fronte è quello della svolta protezionista con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Il nuovo presidente degli Usa ha chiamato in causa innanzitutto Toyota, Ford e General Motors, ma anche le case tedesche che esportano negli Usa auto prodotte in Messico. Finora solo Ford ha ceduto cancellando l’investimento previsto in Messico, mentre Daimler e Toyota hanno confermato i vecchi piani.

Contro la minaccia di un superdazio del 35% sulle vetture realizzate all’estero è intervenuta Berlino: il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel, ha spiegato che “peggiorerebbe il settore automobilistico americano, lo renderebbe più debole e più caro”.

Non è affatto chiaro al momento in quale modo si evolveranno tutte le vicenda aperte con l’inizio del nuovo anno, ma sullo scacchiere del settore automobilistico tutte le pedine sono in movimento e il 2017 si preannuncia ricco di novità.

(di Amalia Angotti/ANSA)