ROMA. – Nervi tesi in Parlamento a 24 ore dalla seduta della Corte costituzionale che dovrà pronunciarsi sui ricorsi contro l’Italicum. Ogni partito in cuor suo auspica una ben precisa sentenza, con Beppe Grillo e Matteo Salvini che alzano la voce per tirar per la toga i 13 giudici che domani si riuniranno, chiedendo loro un risultato che porti a immediate urne. Richiesta che fa inalberare quanti non vogliono correre a elezioni anticipate, a partire da Fi e dalla minoranza del Pd.
A far saltare sulla sedia Grillo e Salvini ci ha pensato Il Corriere della Sera che ha ipotizzato una sentenza della Consulta non auto-applicativa, cosa che contraddirebbe due precedenti sentenze. Il leader della Lega teme in particolare “inciuci” tra la Consulta e il vecchio sistema “legato alle poltrone”.
“Mi aspetto una decisione sull’Italicum – ha tuonato il segretario del Carroccio – qualunque essa sia. Sarebbe inaccettabile una sentenza all’italiana, che decide ma non decide. Credo che sia indispensabile andare subito al voto”.
E anche Grillo invoca le urne: “se escludiamo l’ipotesi che la Corte rigetti i ricorsi perche’ inammissibili da domani avremo una nuova legge elettorale pronta per l’uso”.
Contro di loro tutta Forza Italia (Renato Brunetta, Renato Schifani, Deborah Bergamini, ecc) secondo cui spetta al Parlamento metter comunque mano alla legge elettorale. In realtà la situazione è più complessa, perché non è detto che la legge che uscirà dalla Corte risponderà al requisito indicato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, unico ad avere il potere di sciogliere le Camere: che il sistema sia omogeneo per i due rami del Parlamento.
Solo se la Corte dovesse bocciare in toto l’Italicum – come ha sostenuto l’avvocato Felice Besostri, promotore dei ricorsi – avremmo una legge omogenea per Camera e Senato: infatti in campo rimarrebbe il Consultellum, un proporzionale puro per entrambe le Camere.
Un sistema che piace a Fi, e che favorirebbe dopo il voto una Grande Coalizione Pd-Fi o più probabilmente – stando agli attuali sondaggi – quella M5s-Lega-Fdi. Scenari che nessun partito, tranne Fi, intende dichiarare prima del voto e che anzi ha fatto infuriare Beppe Grillo, che lo ha negato.
Altro scenario difficile, di cui ha parlato Grillo, è il rigetto dei ricorsi, perché inammissibili, come sostengono alcuni giuristi. Il paradosso è che Renzi vedrebbe “salvata” la sua legge elettorale, che però vale solo per la Camera e che è distante dal proporzionale del Senato, allontanando quindi le urne; anche perché dalla Corte non verrebbero indicazioni utili per un nuovo sistema su cui lavorare per trovare un accordo.
I rumors che giungono in Transatlantico parlano però di un altro scenario, e cioè la bocciatura del solo ballottaggio, mantenendo però il premio per chi supera il 40% al primo turno. Alcuni renziani sostengono che questo sistema consentirebbe di andare al voto a giugno, dato che il Consultellum per il Senato ha una soglia dell’8% e quindi è un proporzionale ma con tendenza maggioritaria.
Altri Dem fanno notare al Segretario che difficilmente il Pd o altri supereranno il 40%, e quindi questo sistema si tradurrebbe, di fatto, in un proporzionale puro, che a Renzi non piace, perché lo porterebbe nella palude del “pareggio”.
Meglio allora un proporzionale, sì, ma con un premio di governabilità – per esempio di 90 seggi – per il partito o la coalizione più votata. Come prevedono le proposte di legge dei Giovani Turchi (Andrea Orlando e Matteo Orfini) e di Ncd. Un sistema che apre la porta sia ad una corsa in solitaria del Pd e di Fi, sia a delle coalizioni, ancora tutte da costruire.
(di Giovanni Innamorati/ANSA)