Italicum, la Corte non lascerà vuoti sulla legge elettorale

ROMA. – Una sentenza che consegnerà una legge pronta all’uso, certo non rispondente ai desiderata di tutti i partiti, ma in grado di essere applicata in caso di elezioni così come di essere modificata dal Parlamento. Una legge proporzionale, a turno unico e molto probabilmente con premio di maggioranza al partito che totalizzi il 40%. E’ questo che uscirà dalla Consulta dopo la pronuncia sull’Italicum, la legge elettorale per la Camera che passerà sotto la lente dei giudici.

In aula saranno in 13, salvo novità dell’ultim’ora, perché Criscuolo è assente e Frigo si è dimesso. Per primo parlerà il relatore, Zanon. Ha chiesto di costituirsi il Codacons a sostegno del pool di avvocati che ha impugnato la legge, ma l’istanza difficilmente sarà accolta. Poi toccherà agli avvocati anti-Italicum, che esporranno le proprie posizioni: le ordinanze sono arrivate da cinque tribunali e la lista dei legali è lunga. Chiuderà Massella Ducci Teri, avvocato generale dello Stato, che per Palazzo Chigi difenderà la legge.

I tempi, quindi, non si profilano brevi, anche se il presidente della Corte, Grossi, chiederà di contenerli per consentire ai giudici di chiudersi in camera di consiglio e uscire con un verdetto in serata. Altrimenti, si attenderà mercoledì.

Le previsioni più accreditate danno l’abbattimento del ballottaggio per quasi certo: mantenerlo in un sistema a bicameralismo perfetto produrrebbe un’asimmetria. Il Senato, per il quale è in piedi il Consultellum, cioè la legge ‘prodotta’ dalla sentenza della Corte sul Porcellum nel 2014, non prevede secondo turno. Se lo si mantenesse per Montecitorio, si potrebbe determinare la situazione per cui il Senato è dichiarato eletto e per la Camera si deve svolgere il ballottaggio; e qui vanno tenuti presenti gli effetti di condizionamento dell’elettorato.

Tra le ipotesi in campo, anche quella che nelle motivazioni della sentenza – attese non domani, ma più in là – i giudici suggeriscano una strada al legislatore nel caso voglia mantenere il ballottaggio: non limitarlo ai due partiti che hanno ottenuto più voti, ma aprirlo alle liste che superino una certa soglia. Meno probabile appare la cancellazione del premio di maggioranza.

La sentenza sul Porcellum lo bocciò perché quella legge lo attribuiva al partito vincente indipendentemente dai voti presi. L’Italicum invece fissa una soglia del 40%: sotto il premio non scatta. Inoltre, a detta di diversi giuristi, il premio per l’elezione di una Camera ha effetti di stabilizzazione sull’altra, aiutando le intese tra partiti.

Sui capilista bloccati, la sentenza sul Porcellum, che per la Corte sarà una bussola, non vietava tout court le liste bloccate “corte” consentendole in caso di collegi con pochi candidati. La Corte dovrà valutare se l’Italicum assicuri riconoscibilità dei candidati e libertà di voto.

Lo stesso vale per la possibilità dei candidati di correre in più collegi e scegliere alla fine in quale essere eletto: qui non è escluso che la Corte si limiti a un monito, segnalando che tale meccanismo fa saltare il rapporto eletto-elettore e che serve un criterio automatico, senza andare oltre: se lo facesse mancherebbe nell’immediato il criterio da applicare e si produrrebbe un vuoto.

Sulla carta, la Corte potrebbe pure dichiarare inammissibili tutte le questioni lasciando intatto l’Italicum, mai utilizzato. Tutte le voci concordano nel dire che non accadrà: una scelta di questo tipo non sarebbe compresa. Ma di fatto si è aperta la strada perché la legge elettorale possa finire facilmente sub judice. Un pungolo a fare buone norme, ma anche a riflettere su quel controllo preventivo delle leggi elettorali che il pacchetto riforme, bocciato al referendum, voleva introdurre.

(di Eva Bosco/ANSA)

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