La rabbia del Messico contro Trump: “E’ un insulto”

Tres niñas en vestido de quinceañeras juegan en Tijuana al lado del muro de la frontera México-USA. Fotografía: Romel Jacinto.
Tres niñas en vestido de quinceañeras juegan en Tijuana al lado del muro de la frontera México-USA. Fotografía: Romel Jacinto.

CITTA’ DEL MESSICO. – Rabbia e frustrazione. Questi i sentimenti predominanti in Messico nella giornata in cui Donal Trump ha firmato l’executive order che dispone la costruzione del muro anti-immigrati sulla frontiera meridionale degli Usa, nelle stesse ore in cui gli inviati del presidente Enrique Peña Nieto visitavano la Casa Bianca per i primi contatti con la nuova amministrazione.

“Stiamo affrontando un cambiamento di paradigma e questo processo può sfociare in una guerra, in tutti i sensi della parola tranne quello militare”: questo commento del noto storiografo Enrique Krauze riassume il sentimento di angoscia di un’intera nazione, ma anzitutto del suo governo, che si ritrova in una situazione imbarazzante e apparentemente senza uscita.

Il “tweet” con il quale Trump ha annunciato che mercoledì sarebbe “una grande giornata” perché “costruiremo il muro” ha colto di sorpresa Peña Nieto, che solo due giorni fa aveva promesso di affrontare il nuovo inquilino della Casa Bianca “senza scontri ma senza sottomissioni”.

E così il presidente messicano ha annullato all’ultimo momento la sua partecipazione al vertice della Comunità degli stati dell’America Latina e dei Caraibi (Celac), in programma nella Repubblica Dominicana, per concentrarsi sulle novità provenienti da Washington.

Il suo ministro dell’Economia, Ildefonso Guajardo, si trovava già nella capitale americana insieme al suo collega degli Esteri, Luis Videgaray, per la prima presa di contatto con l’amministrazione Trump. Il timing dell’annuncio del tycoon su Twitter non è sembrato dei più diplomatici.

“Lo ha fatto mentre i nostri ministri erano in arrivo per aprire la trattativa: è un insulto, che crea un clima di scontro dall’inizio stesso dei contatti”, ha detto l’ex ministro degli Esteri Jorge Castañeda.

Il muro anti-immigrati, inoltre, è solo una delle quattro promesse elettorali di Trump che preoccupano i messicani. Le altre sono la deportazione degli immigrati illegali, il possibile uso delle rimesse inviate nel loro paese dai messicani residenti negli Usa – 24 miliardi di dollari nel 2016 – per pagare la costruzione del famoso muro e soprattutto la revisione radicale del Trattato di libero scambio dell’America del Nord (Nafta).

Peña Nieto si è detto “contrario a tutti i muri”, ma posto da Trump davanti al fatto compiuto ora potrà solo chiedere al presidente Usa di rispettare i protocolli stabiliti con il governo Obama per le espulsioni degli immigrati, e cercare di avviare una negoziazione sul Nafta che serva ad attenuare gli effetti della nuova politica protezionista di Washington.

Il suo ministro dell’Economia, nel frattempo, ha già messo le mani avanti, sottolineando che il Nafta “solo si giustifica in una linea strategica nella quale tutte le parti vincono”, aggiungendo che “se ci troviamo con meno di quello che già abbiamo, che senso avrebbe rimanere?”.

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