Rigopiano, pubblico ministero: “Morti per freddo, asfissia e traumi”

SLAVINA RIGOPIANO 6
SLAVINA RIGOPIANO 6

PESCARA. – La macchina dei soccorsi si è resa conto per la prima volta che qualcosa di grave era veramente accaduta a Rigopiano alle 19.01, la seconda volta che Giampiero Parete aggancia il 118 di Pescara e racconta la valanga. E’ questa telefonata che convince le sale operative. In quel lasso di tempo tra le 16.30-16.45, ora presunta della slavina, e i disperati tentativi dei sopravvissuti di chiamare i soccorsi, ci sono state, “è evidente, delle incomprensioni relative alle richieste di aiuto”, ha ammesso la procura di Pescara.

Ma l’indagine conferma che la macchina dei soccorsi non è stata ferma: semmai ha incontrato ostacoli nel trovare conferme nel corso di quelle ore. C’erano 40 persone nell’hotel Rigopiano: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, compresi il titolare Roberto Del Rosso e il rifugiato senegalese Faye Dane. I sopravvissuti finora sono 11, 27 i morti (di cui 12 identificati) e due i dispersi.

Minime, ormai, le speranze di trovarli ancora in vita. “Al momento non ci sono indagati”, ha spiegato il pubblico ministero Cristina Tedeschini, ma intanto è stata ascoltata la filiera dei funzionari che ha risposto agli appelli in sala operativa della Prefettura: ieri Daniela Acquaviva, oggi Ida De Cesaris.

La tempistica, come è chiaro da tempo, ha una importanza vitale per le indagini, e le autopsie daranno le risposte decisive su dove indirizzare le responsabilità. Per Domenico Angelucci, medico legale di parte, Gabriele D’Angelo sarebbe morto assiderato sotto la valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano. “Non ci sono segni di traumi né di asfissia come emorragie congiuntivali. Secondo noi, se fosse stato soccorso entro due ore probabilmente poteva essere salvato”, riferisce il medico.

Smentisce l’ipotesi, però, lo stesso pm, secondo cui “non ci sono casi in cui la causa esclusiva è l’ipotermia”. Le prime sei autopsie hanno evidenziato “dinamiche di decesso diverse l’una dall’altra”, ha spiegato Tedeschini. “In alcuni casi, ci sono state morti immediate per schiacciamento, in altri casi ci sono stati decessi meno immediati con concorrenza di cause temporalmente assai prossime: schiacciamento, ipotermia e asfissia”.

Rimane fermo sulla sua versione, invece, il medico legale di parte, secondo cui anche il maitre Alessandro Giancaterino sarebbe morto per mero assideramento, perché lui e D’Angelo sono stati ritrovati vicini e nelle stesse condizioni. Cioè all’esterno dell’hotel.

Secondo Angelucci la causa dell’ipotermia sarebbe anche contenuta nel certificato di morte redatto e inviato al Comune di Penne per il nulla osta per i funerali del ragazzo. Il procuratore Tedeschini ha intanto parlato di acquisizioni importanti di documenti: se ieri in Regione era stato raccolto il materiale elettronico, oggi si è presa visione della parte cartacea. Meno il Piano valanghe, per il semplice fatto che non c’è.

“Ad oggi la elaborazione di tale importante strumento, a causa della esiguità dei fondi da dedicare all’attività di censimento e ricerca, riguarda una piccola parte del territorio regionale montano”: è quanto si legge sul sito della Protezione Civile Regione Abruzzo in merito alla redazione della ”Carta di localizzazione dei pericoli di valanghe”, prevista dalla legge del 1992. La Regione quindi non ha in questi anni disposto risorse per la realizzazione della mappa delle aree a rischio valanga.

Sul sito l’ente ricorda che nelle ”aree soggette a tale pericolo è sospesa l’edificazione, la realizzazione di impianti e infrastrutture ai fini residenziali, produttivi e di carattere industriale, artigianale, commerciale, turistico e agricolo nonché ogni nuovo uso delle aree che possa comportare un rischio per la pubblica e privata incolumità”.

(di Luca Prosperi/ANSA)

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