Al voto con l’occhio al calendario: 23 aprile o 11 giugno?

ROMA. – “Al voto!”. E’ il mantra che unisce Lega e M5S. E al voto il prima possibile ha intenzione di andare anche una fetta del Pd, a cominciare dal segretario Matteo Renzi. Ma quando, in concreto, l’Italia potrebbe tornare alle urne? Nel gioco di incastri che lega i due grandi appuntamenti internazionali del governo – il vertice di Roma del 25 marzo per il 60/o anniversario dei Trattati Ue e il G7 – le attese motivazioni della Consulta e il momento in cui i parlamentari matureranno il vitalizio le finestre disponibili non sono molte. Riducendosi, nel primo semestre del 2017, a due date soprattutto.

C’è, infatti, anche da guardare ai tempi dettati dall’art. 61 della Costituzione secondo cui “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”. Tempistica che va rispettata anche in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.

Da qui, realisticamente, la prima data utile per le politiche: il 23 aprile. Data che, tra l’altro, ha indicato anche il leader della Lega Nord Matteo Salvini. In tal caso il presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere la Camere non dopo il 12 febbraio, ovvero ad una manciata di giorni dal momento in cui, secondo il tam tam politico, la Consulta diramerà le motivazioni della sentenza sull’Italicum (ha un mese di tempo a partire dal 24 gennaio).

Lo scenario implica, inoltre, che il Parlamento non vari alcuna legge elettorale ‘ex novo’ ma che si voti con l’impianto deciso dalla Corte, sia al Senato sia alla Camera. In questo caso sarebbe il governo Paolo Gentiloni a presenziare il vertice di Roma.

Maggio, invece, sarà il mese del G7 di Taormina, che avrà l’attuale premier come padrone di casa nel caso si voti nella seconda data ritenuta utile dai più: l’11 giugno. Data che implicherebbe lo scioglimento delle Camere nei primissimi giorni di marzo.

A quel punto il Parlamento avrebbe un mese scarso per tentare un’intesa sulla legge elettorale. Più tempo, chiaramente, avrebbero le Camere in caso di (inedito) ritorno alle urne in autunno o, ancor meglio, se si arriverà a febbraio 2018. In quel caso, inoltre, i parlamentari riuscirebbero a maturare il loro vitalizio (nella seconda metà di settembre): fattore che, in campagna elettorale, potrebbe tuttavia pesare sul Pd.

Da qui l’orientarsi dei rumors di palazzo verso le politiche di giugno, accorpando nello stesso giorno anche le amministrative. Prospettiva che anche al Quirinale forse non ritengono irrealistica: l’agenda di Mattarella, per il momento non a oltre la sua visita in Russia prevista nella prima metà di aprile.

(di Michele Esposito/ANSA)