Napolitano carica i “no al voto”. Pd, legislatura finita

Giorgio Napolitano
Il presidente emerito Giorgio Napolitano. ANSA/ GIUSEPPE LAMI
Il presidente emerito Giorgio Napolitano durante la cerimonia di consegna delle borse di studio in ricordo di Loris D’Ambrosio alla Luiss, Roma, dicembre 2016. ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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ROMA. – “Nei paesi civili alle elezioni si va a scadenza naturale. Non si toglie la fiducia al governo per il calcolo di qualcuno”. In una manciata di parole Giorgio Napolitano erige la sua diga alla corsa al voto anticipato. Lo fa da Palazzo Madama, dove il partito del non voto è più esteso, trasversale e dove Matteo Renzi vorrebbe estendere la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta.

Le parole di Napolitano, al di là degli attacchi feroci della Lega, registrano una novità: il mancato plauso del Pd. “La legislatura è finita il 4 dicembre”, è la presa d’atto di Lorenzo Guerini e Matteo Orfini. Ma la corsa per arrivare alla urne con due leggi elettorali omogenee, come richiesto dal presidente Mattarella, resta piena di ostacoli: infatti, Beppe Grillo rompe l’ipotesi di asse emerso con Renzi eliminando dalla proposta M5S i capilista bloccati voluti dal segretario Dem.

E’ un mercoledì confuso, frenetico, segnato dallo scontro interno nel Pd e dalle polemiche sulla frase di Renzi sui vitalizi, quello che va in scena tra Camera, Senato e Nazareno. La frenata del presidente emerito alle urne colpisce al cuore il progetto renziano di tornare al voto a giugno. Napolitano incassa il plauso dei centristi, della minoranza Pd e, da Cagliari, quello di Massimo D’Alema ma trova l’educato dissenso di buona parte della maggioranza Pd. Con l’asse Lega-Fdi pronto all’attacco frontale nei confronti dell’ex capo dello Stato.

“Nei paesi civili chi tradisce il proprio popolo viene processato”, tuona Matteo Salvini mentre Giorgia Meloni incalza: “vergogna: basta con gli inciuci, il popolo vuole votare”. Parole che innescano la ferma reazione di tutto il Pd mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella telefona al suo predecessore per manifestargli solidarietà.

“Da Salvini parole indegne”, è il duro commento della presidente della Camera Laura Boldrini mentre in serata anche il presidente del Senato Pietro Grasso manifesta la sua vicinanza: “Quando il dissenso si trasforma in insulto è la fine della politica”.

Al di là della cortina di solidarietà con cui i partiti di maggioranza difendono Napolitano le parole del presidente emerito, nella fetta di Pd pro-voto, trovano scarso sostegno. Dissente (“con rispetto”) la renzianissima Anna Ascani mentre Guerini registra la fine “politica” dell’attuale legislatura.

E il vice segretario Dem rilancia la proposta che, già circolava al Nazareno: estendere la legge ‘disegnata’ dalla Consulta per la Camera anche a Palazzo Madama. Proposta che trovava anche l’accordo del M5S. Poi, però, Grillo mette in campo l’ennesimo colpo di scena, eliminando dal Legalicum (ovvero dalla legge uscita dalla Consulta) i capilista bloccati: “è una scelta di democrazia”, sottolinea.

Il leader M5S assicura che, se il Legalicum non verrà modificato, il voto penstatellatto non mancherà e propone di riunire il Parlamento “in seduta permanente” fino a che non si approverà la legge elettorale: “Il dado è tratto, al voto!”, è l’urlo che l’ex comico consegna al blog.

A Milano, invece Silvio Berlusconi riunisce lo stato maggiore di FI, ribadisce i paletti azzurri – evitare correttivi maggioritari e preferenza – e annuncia una proposta di legge di FI su cui chiederà un confronto. La commissione Affari Costituzionali stabilirà il calendario dei lavori sulla legge elettorale in vista dell’approdo in Aula, fissato per il 27.

Tramontato l’asse Pd-M5S e con già almeno tre proposte in campo (Legalicum e Lauricellum oltre lo schema con premio alla coalizione di Ap) l’impressione è che il dibattito sia a serio rischio arenamento. E che se la legislatura non arriverà a scadenza naturale è ben più difficile che non superi l’estate.

(di Michele Esposito/ANSA)

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