Chiude il “Circolo ragazzi ’48”, memoria storica del ghetto di Roma

ROMA. – Il primo marzo chiuderà “il Circolo dei ragazzi del ’48” nel cuore del ghetto di Roma e sua memoria storica. Intitolato a Raimondo di Neris, detto Zì Raimondo, sopravvissuto alla shoah e principale artefice della protesta contro Eric Priebke, il circolo è nato nel 2002 ed è un “Moadon”, ovvero un centro culturale, dove si discute di politica, dei problemi della Comunità ebraica e si tiene viva la memoria del ghetto. In via Reginella venerdì sera, come tutti i venerdì si mangia e si beve insieme e si discute. Erano in tanti, seduti dentro e in piedi fuori e rigorosamente con la porta aperta.

“Abbiamo avuto l’onore di ospitare – spiega il presidente Angelo Sermoneta, più noto tra gli ebrei romani come ‘Baffone’ il presidente Ciampi, gli ambasciatori di Israele, Spielberg e Woody Allen. Ma tutti gli ebrei del mondo quando vengono a Roma ci vengono a trovare. Siamo un punto di riferimento praticamente il cuore del dibattito del ghetto”.

Ma forse per i vertici della Comunità ebraica non è più così. “Prima c’era un contributo della Comunità ebraica – dice ancora Sermoneta – ma con la crisi c’è stato tolto e non riusciamo più a pagare mille euro di affitto al mese. Siamo andati avanti con delle collette ma ora non è più possibile e a fine febbraio dovremo chiudere”.

Sui libri di storia argentini raccolti nella Biblioteca nazionale del Paese latinoamericano – spiega un magistrato argentino che 15 anni fa fu accolto dai ragazzi del ’48 – “ci sono le foto esterne del circolo e i suoi cimeli”.

Tra i tanti anche quelli realizzati con il filo spinato strappato trent’anni fa nel campo nazista di Auschwitz. Ma ci sono anche quadri di artisti importanti. “Per protesta – dice Sermoneta – non regalerò niente alla Comunità ebraica ma butterò tutti i ricordi nei sacchi dell’ immondizia”.

I “Ragazzi del circolo” stanno anche pensando di staccare le pietre collocate nella strada, fotografate dai tanti visitatori. C’è la pietra che raffigura la deportazione del 16 ottobre e quella con il candelabro a otto bracci.

“Siamo gli unici che all’interno del ghetto, davanti al bar Toto – dice ‘Baffone’ – accendono il candelabro negli otto giorni dell’hanukkah, siamo l’unica luce rimasta del ghetto e sta per spegnersi”.

Speriamo tanto, dicono con rammarico in molti, che al posto del circolo non sorga l’ennesima paninoteca.

(di Emanuela De Crescenzo/ANSA)

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