Legge elettorale: il premio di coalizione divide maggioranza e Pd

Il Palazzo della Consulta
Il Palazzo della Consulta

ROMA. – E’ il dibattito interno al Pd a tenere in sospeso quello sulla legge elettorale: se infatti il ministro Dario Franceschini ha proposto che il Pd si presenti alle elezioni in coalizione, con conseguente spostamento del premio della legge elettorale dalla lista alla coalizione, il presidente Dem Matteo Orfini ha frenato, insistendo su un sistema che induca i singoli partiti a misurarsi con gli elettori, premiando eventualmente quello più votato.

La linea Franceschini viene salutata positivamente da Angelino Alfano e il suo partito, ma anche da FI, che vede nell’apertura del confronto parlamentare la possibilità di evitare urne a giugno, cosa che provoca l’ira di Luigi Di Maio ed M5s.

Dopo il “Renzi furioso” di martedì, tutto proteso a elezioni immediate con i due sistemi elettorali usciti dalla Consulta, sulle pagine del Corriere della Sera è emerso un ex premier più incerto sulla data del voto e sulla possibilità di approvare una nuova legge elettorale. Dallo stesso quotidiano Franceschini ha lanciato una proposta: si introduca il premio alla coalizione, e a quel punto si può ragionare anche su un voto a giugno. Una proposta avanzata anche da Beppe Fioroni, leader del Popolari del Pd.

Il ministro della Cultura, assai vicino al presidente della Repubblica, tenta così una mediazione che interpreta le istanze di Mattarella, che guarda con preoccupazione ad urne con un sistema che aprirebbe a uno scenario spagnolo, cioè senza partiti vincitori e senza numeri per formare una qualsiasi coalizione. Uno scenario destabilizzante visto che in Germania si spinge su Draghi per sospendere il Quantitative Easing, che tiene bassi i tassi del nostro debito sovrano.

L’apertura di Franceschini è stata salutata con entusiasmo da Ncd, con Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin, ma anche da Fi con Mariastella Gelmini, Maurizio Gasparri, Renato Schifani. Gli Azzurri sperano che l’inizio del dibattito parlamentare si prolunghi così da evitare le urne a giugno; per non parlare che l’attuale sistema del Senato è visto come un incubo.

A favore della coalizione, e quindi di una legge elettorale conseguente, gli alleati più piccoli del Pd, da Lorenzo Dellai (Des) a Pino Pisicchio, capogruppo del Misto, che però sono favorevoli a proseguire la legislatura: come anche i sindaci delle zone terremotate, di cui si è fatto portavoce Massimiliano Giorgi, primo cittadino di Montereale, nel timore che passino in secondo piano i temi della ricostruzione.

Un fermo “niet” alla coalizione è però arrivato da Matteo Orfini e dai “giovani turchi”, da Francesco Verducci a Donatella Paris. Orfini si è detto contrario “a tornare indietro ad una coalizione tra forze con piattaforme molto diverse l’una dall’altra, da Pisapia a Alfano”, insomma degli “accrocchi”. Quindi “è meglio che i patiti vadano da soli”.

I “giovani turchi” hanno depositato una proposta di legge che non prevede le coalizioni, ma un proporzionale con un premio di 90 seggi al partito più votato. Quest’ultimo potrebbe non raggiungere la maggioranza assoluta, ma sarebbe comunque facilitato a formare coalizioni dopo il voto con i partiti meno distanti.

Si tratta di una proposta simile alla pdl di Ap e che potrebbe non dispiacere a Fi. Ma se dovesse saltare tutto, quasi minaccia Orfini, il Pd potrebbe comunque correre alle urne con l’attuale sistema, puntando al 40%: “abbiamo mostrato di poterlo raggiungere”.

Sul piano parlamentare giovedì 9 febbraio partirà la discussione in commissione Affari costituzionali della Camera. Il presidente Andrea Mazziotti sarà anche il relatore e illustrerà le 16 proposte di legge finora presentate, in attesa delle motivazioni della sentenza della Corte.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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