“Cuba tra Francesco e Obama” alla Università Lateranense

ROMA. – Cuba come un “paradosso”. Una rivoluzione “totalmente autoctona” che ha prodotto “il regime socialista più lungo di tutta l’America latina”. Cuba “polo alternativo nella vita del continente” e “simbolo molto più rilevante delle sue dimensioni geografiche ed economiche”. Cuba soprattutto come incarnazione di un ideale internazionalista “oggi di una novità prorompente: non solo nel solco della internazionale socialista, ma di popolo, e pensato per la dimensione della gratuità”.

Lo sguardo della Chiesa verso la rivoluzione cubana – oggi di rinnovato interesse di fronte alla intenzione del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump di modificare le politiche verso l’isola caraibica, dopo che Obama e Bergoglio hanno realizzato il riavvicinamento – è sempre stato difforme da quello dell’Occidente.

Di Cuba, – del suo sistema educativo, delle sue politiche sociali e della “solidarietà da camice bianco” delle sue “brigate internazionali” che attualmente lavorano in 67 Paesi di tutti i continenti, con più di 50mila dipendenti cubani, tra cui più di 25mila medici e il resto tecnici – si è parlato alla università Lateranense in occasione della presentazione del libro “Cuba tra Francesco e Obama. Nell’isola rinnovata: prove e dialoghi per un mondo nuovo”, in cui Carlo Di Cicco ha raccolto una serie di interviste a personalità della vita sanitaria, culturale, governativa e musicale cubana, realizzate a maggio 2015, alla vigilia del viaggio di papa Bergoglio nell’isola caraibica.

A presentare il libro, tra gli altri, il rettore della Lateranense Enrico Dal Covolo, il gesuita e assistente nazionale della Lega missionaria studenti(Lms), Massimo Nevola, il direttore del Sismografo, Luis Badilla e lo storico Gianni La Bella.

In particolare Dal Covolo e Nevola hanno fornito uno sguardo su Fidel Castro completamente diverso da quello fornito da Roberto Saviano che alla morte del “lider maximo” lo ha definito un “dittatore sanguinario”. Dal Covolo ha accostato il leader rivoluzionario cubano al missionario José Vech Vandor, entrambi, ha ricordato il presule, vissero a Santa Clara di Cuba dove, “certamente con percorsi e sensibilità differenti, anche Che Guevara, come Vandor, si è appassionato alla liberazione e emancipazione del loro Paese”.

Più pratico l’approccio di Nevola, che da dieci anni ha realizzato un gemellaggio tra Cuba e la Lms. “Mandiamo circa cento volontari all’anno in Romania, un po’ meno a Cuba, perché il viaggio costa tanto – ha riferito il padre gesuita – ebbene, a Cuba non c’è un solo bambino che dorma per strada, in Perù raccogliamo i ragazzini dalle fogne, e così in Kenya, eppure il Kenia non era ‘stato-canaglia” come Cuba, e c’è voluta la timida volontà di Obama per ribaltare questo giudizio.

E’ vero che a Cuba c’è un unico partito – ha rimarcato Nevola – ma c’è stato un ‘ribaltamiento popular’, che ha resistito al crollo dell’Urss, mentre tutte le repubbliche dell’est europeo sono crollate. A Cuba – ha detto ancora l’assistente della Lms – non c’è un analfabeta, è uno dei popoli più colti dell’America latina, ha esportato dappertutto la cultura, e non c’è un solo anziano senza assistenza sanitaria”.

A Cuba Nevola ha portato la Lms per “restituire ai cubani un po’ di quello che mi ha dato padre Arvesù”, gesuita cubano suo direttore spirituale a Roma e tornato in Patria a morire. E, racconta “siamo stati accolti a braccia aperte”. Nevola ha inoltre riferito le tante telefonate che ha ricevuto da ragazzi cubani quando è morto Fidel Castro: “Cuba ha perso un padre, ma quello che lui ha fatto rimane con noi”.

“Alla fine – ha commentato il padre gesuita – i conti tornano, Fidel è morto nel suo letto, se ami veramente il tuo popolo puoi fare anche errori, ma il conto torna”. Badilla ha osservato che il libro di Di Cicco può contribuire “a leggere diversamente la storia dell’America latina da parte dell’Europa, che finora l’ha letta con gli occhiali della ‘guerra fredda’”.

“E’ un contributo – ha detto il direttore del Sismografo – a scoprire il vero volto dei popoli americani, sforzo in corso proprio perché abbiamo un papa latinoamericano”.

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