Renzi adesso punta alle dimissioni e al congresso del Pd

ROMA. – Sull’onda dell’hastag #famostocongresso i renziani suonano la carica per accelerare la resa dei conti interna. Matteo Renzi, in vista della direzione di lunedì, ci pensa mettendo in conto il rinvio delle elezioni. Perchè, se congresso sarà, il leader dem ha intenzione di farlo subito: già lunedì potrebbe dimettersi e dare il via alla campagna congressuale prendendo in contropiede i bersaniani, disposti alla sfida ma dopo le amministrative, e in generale la sinistra interna che si ritrova con un campo affollato da ben 3 candidati alla leadership. E anche Andrea Orlando, esponente della maggioranza, non considera il congresso “una priorità” e lancia l’idea di una conferenza programmatica.

I pontieri della maggioranza non hanno ancora rinunciato alla speranza di chiudere un accordo con la minoranza che preveda alcuni punti condivisi sulla legge elettorale, le primarie di coalizione e le elezioni anticipate a giugno. Pier Luigi Bersani ha tempo fino a lunedì per decidere ma ancora nel vertice dei bersaniani, si è ribadito che bisogna andare al voto nel 2018 e Gentiloni deve andare avanti.

A questo punto, senza intesa interna e con la minaccia di una scissione del Pd, anche i pasdaran renziani si rendono conto che l’affondo sul voto anticipato sarebbe una forzatura. Il leader dem non ha intenzione, dicono i suoi, di continuare a fare “il parafulmine” degli attacchi interni e di continuare ad essere rosolato fino a giugno quando, in base allo Statuto, si dovrebbe convocare il congresso.

“Il Partito Democratico sta su una polveriera se c’è gente che mette fuochi sotto la sedia del Pd”, è la replica dura di Graziano Delrio a Massimo D’Alema per il quale “se si vota lo spread va a 400”. L’ex premier, spiegano i suoi, voleva anticipare le elezioni per mettere l’Italia in linea rispetto ai nuovi governi in Francia e in Germania e in una posizione di forza per trattare con un esecutivo, fresco di legittimazione popolare, su una manovra che si annuncia lacrime e sangue.

Per di più, allungando la legislatura, il Pd dovrà mettere in conto il “massacro” della campagna grillina contro i vitalizi. Ma se, invece, spiegano dal vertice Pd, “tutto viene visto solo come la voglia di rivincita dopo il referendum, allora andiamo a congresso, chi vince governa quattro anni e gli altri si adeguano”. Se questa sarà la proposta di Renzi in direzione, l’idea della maggioranza è che il presidente Matteo Orfini gestirà la transizione fino all’elezione del nuovo segretario. Ma la reazione dei bersaniani non si annuncia positiva.

“Il congresso non deve essere – avvisa Roberto Speranza, candidato alla leadership – una farsa fatta solo come plebiscito per il capo ma una discussione politica vera dal basso”. La battaglia sarà sull’avvio del congresso e sui tempi. I renziani immaginano di alzare subito il sipario e in tre mesi di arrivare alle primarie, i bersaniani vogliono cominciare dopo le amministrative.

“Più che famolo strano, questo congresso famolo bene perchè il Pd è di una comunità e non può essere usato come una clava”, si inalbera Nico Stumpo. Non la vedono così, invece, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano, che volevano il congresso subito.

Ma la sinistra interna avrebbe una bella gatta da pelare: al momento, oltre a Speranza, sono candidati anche Michele Emiliano, che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro, ed il governatore della Toscana Enrico Rossi. E in molti guardano alle mosse di Andrea Orlando, ora in maggioranza ma da tempo ‘sospettato’ di poter diventare il candidato unitario della sinistra.

Il ministro liquida il dibattito sui candidati come “fuorviante” e, prima del congresso, chiede un “forte riposizionamento” programmatico del Pd. L’unico che può sicuramente tirare un sospiro di sollievo è Paolo Gentiloni che comunque mai si era posto il problema della durata dell’esecutivo. Ma forse, per rassicurare da Londra mercati e cancellerie, ha potuto affermare con più tranquillità che “il governo è in carica, gode della fiducia e del sostegno del Parlamento ed è nella pienezza dei suoi poteri”.

(Di Cristina Ferrulli/ANSA)

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