Legge elettorale: dopo la sentenza, dibattito su coalizione o lista

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Legge elettorale al palo

ROMA. – L’invito della Corte Costituzionale al Parlamento a fare la sua parte in tema di legge elettorale, contenuto nella sentenza pubblicata ieri e rilanciato oggi dal presidente Paolo Grossi, arriva in un momento in cui ormai pochi partiti ritengono possibile votare a giugno con i due sistemi per Camera e Senato usciti dalle due sentenze della Consulta. Resta da vedere se davvero le Camere riusciranno a varare entro la legislatura una legge che, come ha detto la Corte, “consenta maggioranze omogenee nei due rami del Parlamento”.

A pesare è infatti il dibattito politico, specie nel centrosinistra dove, con la discesa in campo di Giuliano Pisapia si riaffaccia la prospettiva della coalizione e dove spunta anche l’idea di tornare all’originaria soglia dell’Italicum per l’attribuzione del premio di maggioranza, il 37% anziché il 40%, per rendere più maggioritario il sistema elettorale.

In casa Pd, chi ha parlato con Matteo Renzi, riferisce che dopo la sentenza il segretario “si è tolto qualche sassolino dalle scarpe”. Nelle motivazioni della sentenza la Corte ha confermato non solo la validità del premio di maggioranza, ma anche il valore costituzionale della governabilità che può comportare una certa “distorsione” della rappresentanza.

Quanto alla bocciatura del ballottaggio essa non è assoluta, ma riguarda solo il fatto che nell’Italicum non c’era una soglia minima di accesso al secondo turno. Lunedì in Direzione Renzi ribadirà che l’Italicum era “una buona legge” anche se con il mantenimento del bicameralismo non è ora più praticabile.

L’invito della Corte non a rendere omogenei i sistemi di Senato e Camera, bensì a dar vita a due sistemi anche diversi che “consentano maggioranze omogenee dei due rami del Parlamento” è salutato con favore da molti partiti: FI (da Paolo Romani a Renato Schifani), Ap (Maurizio Lupi e Dore Misuraca), SI (Arturo Scotto e Loredana De Petris), la minoranza Dem (Federico Fornaro e Carlo Pegorer).

Il punto è che rimangono divergenze politiche sull’impianto da dare alla legge. C’è chi spinge per un sistema proporzionale, come FI, Udc e SI, e chi per uno maggioritario, come Raffaele Fitto. In tal senso nella segreteria del Pd è spuntata l’idea di proporre l’abbassamento della soglia per il premio di maggioranza dal 40% al 37% come la versione originaria dell’Italicum.

A farsi portavoce di questa idea è stato in un articolo il costituzionalista Stefano Ceccanti, ma è condivisa da molti nella maggioranza del Pd. Oltre a ciò – e lo ha sottolineato il relatore Andrea Mazziotti – pesa il dibattito nel centrosinistra, con la possibile anticipazione del congresso Pd in primavera e con la discesa in campo di Giuliano Pisapia.

Questa rafforza l’idea di un premio alla coalizione anziché alla lista, proposta da Dario Franceschini, ma osteggiata da Matteo Orfini e dai “giovani turchi”, che con Francesco Verducci hanno invitato Pisapia a portare la sua iniziativa dentro il Pd, così da mantenere il premio alla lista ed evitare l’alleanza con i centristi.

Distonico rispetto a tutti Beppe Grillo che ha intimato agli altri partiti di votare la proposta di legge M5s che traspone il sistema della Camera anche al Senato così da arrivare alle urne a giugno. Ma se lunedì Renzi aprirà la fase congressuale è probabile che la legge elettorale “entri in sonno” fino alla scelta del nuovo segretario e della nuova linea politica.

E quasi a scongiurare l’eventuale incapacità delle Camere a legiferare, ha levato la propria voce il presidente della Consulta Grossi: “La Corte non ha nessuna voglia di fare la piccola legislatrice: non è suo compito fare le norme, è compito del Parlamento”.

(di Giovanni Innamorati) (ANSA)

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