Renzi: “Congresso o primarie Pd, e chi perde rispetti il voto”

ANSA/PASQUALE BOVE
FOTO ANSA/PASQUALE BOVE

ROMA. – E’ assai tesa la domenica che precede la direzione del Pd. Matteo Renzi riunirà nel primo pomeriggio a Roma il partito che è azionista di maggioranza del governo e indicherà la road map che porterà al voto. E proporrà subito congresso (in vista del quale è pronto a dimettersi da segretario) o primarie per avere, con “un grande coinvolgimento una leadership legittimata da un passaggio popolare”. A patto che, avverte in una lettera che dopo la direzione invierà a tutti gli iscritti, “chi perde rispetti l’esito del voto”.

L’obiettivo, spiega, è rilanciare il Pd come “motore del cambiamento” in un’Italia che sembra tornare “alla prima Repubblica” e in un’Europa in cui bisogna far “sentire alta la voce” per non lasciarla a “lepenismi e populismi”. Ma la minoranza Dem non si fida di Renzi e alla vigilia della direzione, avverte che le regole del congresso vanno concordate insieme e sui tempi non possono esserci blitz.

Gianni Cuperlo evoca la scissione, Michele Emiliano attacca il segretario, Enrico Rossi chiede la nomina di un segretario di garanzia per la fase congressuale. A loro la replica di Lorenzo Guerini: “Si è superato il livello di guardia. Basta con il logoramento”.

In platea ad ascoltare il segretario ci saranno i membri della direzione, ma anche parlamentari e segretari provinciali. Non mancherà il premier Paolo Gentiloni e sarà presente anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che non è iscritto al Pd ma è stato invitato da Renzi. Sul fronte della minoranza, ci sarà Pier Luigi Bersani e potrebbe tornare, dopo lunga assenza, Massimo D’Alema.

Si parlerà di congresso e legge elettorale: convitato di pietra, l’ipotesi di elezioni anticipate contro cui si battono minoranza Pd e un pezzo di maggioranza. Contro un ritorno anzitempo alle urne si fa sentire, proprio alla vigilia della direzione, una voce autorevole e ascoltata come quella di Romano Prodi: “Secondo me bisogna votare al tempo dovuto, la legislatura finisce questo altr’anno, si voti questo altr’anno”, afferma l’ex premier.

E rilancia l’idea di non accontentarsi di una correzione delle leggi elettorali uscite dalla Consulta ma scrivere un sistema di voto basato su collegi uninominali piccoli. Prodi si tiene fuori dal dibattito interno al partito: “Non sono iscritto al Pd da tre anni, mai disturbare i conducenti”, glissa le domande. Ma, dichiarando “stima per Pisapia”, sembra guardare con interesse al suo Campo progressista: “Vedremo la proposta. Non faccio più politica ma ho passato la mia vita a mettere assieme i riformismi: auguro al centrosinistra di riprendere il vigore che aveva 15 anni fa”.

A quel centrosinistra largo, di cui il Pd dovrebbe essere “il traino”, guarda Cuperlo, che partecipa a una kermesse della sinistra a Roma e avverte Renzi, evocando la scissione: “Domani forse convocheremo un congresso. Se si dovesse risolvere in una domenica dove si montano i gazebo e finisce lì, molti di noi perderebbero la fede residua”. Se il segretario accelera e non dà il tempo di svolgere un congresso vero, sostengono a una voce le varie anime della minoranza, il rischio di spaccatura esiste.

“I congressi non si fanno in una settimana”, spiega Nico Stumpo. E da Firenze, dove un evento riunisce i candidati in pectore alla segreteria, Enrico Rossi chiede che se Renzi deciderà davvero di dimettersi e convocare il congresso, si nomini un “segretario di garanzia” come fu Guglielmo Epifani nel 2013, che traghetti all’assise. Michele Emiliano è il più duro: “Le elezioni a giugno le vuole solo Renzi. Non credo che ci chiederà un congresso con rito abbreviato, bisogna darsi una calmata. Una campagna elettorale con Renzi immagine del partito per noi sarebbe una rovina”, attacca.

E i renziani reagiscono alle parole di Rossi ed Emiliano: dopo aver chiesto il congresso ora frenano sui tempi solo per attaccare Renzi. “Hanno come obiettivo solo dividere il Pd”, dice Emanuele Fiano. “Quando faremo il congresso, lo faremo secondo le regole dello statuto”, dichiara Matteo Orfini, “definirlo una farsa offende milioni di elettori” delle primarie. E il vicesegretario Lorenzo Guerini invita a finirla con il logoramento, per cui la minoranza ogni giorno pone “un se o un ma”.

“Domani si terrà una direzione in cui il segretario dirà in modo chiaro la prospettiva che intende proporre al partito e al Paese. Ognuno assumerà responsabilmente una posizione chiara. Se si anticipa il congresso lo si anticipa davvero, senza formule fantasiose” come la segreteria di garanzia, “ma con convenzioni nei circoli e poi elezione del segretario con primarie aperte. Punto”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

Lascia un commento