Netanyahu alla Casa Bianca, disgelo dopo l’era Obama

NEW YORK. – Nei rapporti tra Stati Uniti e Israele è l’ora del riavvicinamento, dopo otto anni di gelo tra Barack Obama e Benyamin Netanyahu. I più stretti collaboratori del premier israeliano raccontano sui media Usa come mai ‘Bibi’ abbia preparato così nei dettagli un incontro alla Casa Bianca. L’obiettivo è stabilire un asse con Donald Trump che riavvicini le posizioni dei due Paesi su temi cruciali come l’Iran e la pace in Medio Oriente. Il problema è che la visita di Netanyahu cade in un momento molto delicato per il presidente americano.

La situazione attorno a lui è alquanto confusa – per alcuni caotica – con un braccio di ferro tra le varie anime all’interno della Casa Bianca. Uno scontro che ha portato alla crisi dei vertici della sicurezza nazionale con le dimissioni di Michael Flynn e che impedisce di riempire molte caselle cruciali ma ancora vuote, soprattutto al dipartimento di Stato.

Difficile dunque dire quale sia realmente la linea di Trump sui temi in agenda nel faccia a faccia col premier israeliano. Anche perché il tycoon è passato da posizioni quasi da ultrà nel sostenere Israele, fin dalla campagna elettorale, a una posizione più moderata: criticando anche lui per la prima volta la politica degli insediamenti in Cisgiordania (definita “un ostacolo alla pace”) e accantonando per il momento la strombazzata intenzione di spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme.

E’ proprio il dossier Iran, dunque, quello che al momento sembra poter cementare i due leader, con l’amministrazione che ha di recente imposto nuove sanzioni a Teheran per lo sviluppo del suo programma missilistico e con Netanyahu che insisterà sulla necessità di un’azione ancor più decisa. Tornando ad agitare lo spettro di un programma nucleare tutt’altro che accantonato – sostiene – dalla Repubblica islamica.

Anche se al momento l’amministrazione statunitense non sembra intenzionata a mettere in discussione lo storico accordo raggiunto nel 2015 dall’Iran con gli Usa e con altre cinque potenze europee. Persino i ‘falchi’ come il capo del Pentagono James Mattis e il segretario di Stato Rex Tillerson hanno in più di un’occasione ribadito la validità di un’intesa che rappresenta una delle maggiori eredità in politica estera lasciate da Barack Obama.

Sul rilancio della pace in Medio Oriente – più volte evocato da Trump – i due leader condividerebbero un approccio comune basato su un maggiore coinvolgimento dei Paesi arabi: non solo Egitto e Giordania, ma anche i Paesi del Golfo ostili alle mire espansionistiche dell’Iran nella regione. Oltre che preziosi alleati nella lotta all’Isis. Ma niente di più al momento.

Determinante sarà il ruolo di Jared Kushner, genero del presidente americano, a cui quest’ultimo ha dato le chiavi dei negoziati per la pace tra israeliani e palestinesi, nominandolo inviato speciale. Una nomina di un familiare strettissimo che è un segnale dell’impegno che Trump vuole assumere su questo fronte. Ma anche un grande rischio vista l’inesperienza di Kushner in politica estera.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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