Aleggia lo spettro delle espulsioni di massa. Tillerson in Messico

EPA/MICHAEL REYNOLDS
EPA/MICHAEL REYNOLDS

NEW YORK. – “Mass deportation”: è l’inquietante espressione che in queste ore agita milioni di immigrati irregolari negli Stati Uniti, che temono un’ondata di espulsioni di massa senza precedenti. Come la comunità Lgbt teme un’offensiva contro quei diritti faticosamente conquistati negli ultimi anni, con la Casa Bianca che per la prima volta ammette un imminente cambio di rotta sull’uso di bagni e spogliatoi nelle scuole pubbliche da parte degli studenti transgender.

Ma è la stretta sugli immigrati a tenere banco in queste ore, con il New York Times che parla di “attacco ai valori americani”. Anche se la maggioranza dei cittadini – stando ai sondaggi – sarebbe d’accordo su regole più severe. Lo spettro dei rimpatri forzati anche di persone solamente sospettate di aver compiuto reati minori non fa che accrescere le tensioni col Messico, dove arrivano in visita ufficiale il capo della diplomazia Usa Rex Tillerson (che Trump ha incontrato poco prima della partenza) e il segretario per la sicurezza nazionale John Kelly, nel difficile tentativo di ricucire lo strappo consumatosi nelle ultime settimane. Strappo legato soprattutto alla linea dura tenuta da Donald Trump sulla questione del muro e dell’immigrazione. E culminato nella cancellazione della visita ufficiale alla Casa Bianca del presidente messicano Enrique Peña Nieto.

Tutto questo mentre sale l’attesa per il famigerato ‘bando-bis’. Alla Casa Bianca si vanno definendo i contorni del nuovo decreto che intende vietare l’ingresso negli Usa a chi proviene da sette Paesi a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Siria, Libia, Somalia, Yemen, Sudan). Anche se stavolta il campo di applicazione sarebbe più circoscritto e verrebbero esclusi dal bando i residenti permanenti e i possessori di carta verde.

L’annuncio è atteso entro la settimana e – stando alle indiscrezioni – si stanno apportando al testo le ultime limature per evitare qualunque tipo di obiezione da parte dei giudici. Perché stavolta – è la parola d’ordine nell’entourage di Trump – è vietato sbagliare. Per questo la stesura del nuovo provvedimento – originariamente scritto da membri del transition team e dello staff del tycoon – è stata affidata al consulente legale del presidente americano, Don McGahn. E, a differenza del primo decreto, sarebbe in corso una consultazione con i membri repubblicani del Congresso, per mettere a punto un testo ‘blindato’ e condiviso.

L’esito della vicenda viene considerato cruciale per il futuro della presidenza Trump, e di quella visione di stampo decisionista di cui il tycoon ha promesso di farsi portatore, espandendo il proprio potere esecutivo e riformando il Paese a colpi di decreto se necessario. E quello dell’immigrazione è un banco di prova fondamentale.

Prosegue intanto il braccio di ferro all’interno del cerchio magico della Casa Bianca. E il prossimo a farne le spese potrebbe essere addirittura Steve Bannon, il controverso stratega di Trump noto per le sue posizioni di estrema destra. Il portavoce del presidente Sean Spicer ha ammesso che il tycoon è pronto a prendere “seriamente in considerazione” la richiesta di un suo allontanamento dal consiglio per la sicurezza nazionale. Questo se dovesse arrivare una richiesta in tal senso da parte del nuovo consigliere per la sicurezza nazionale McMaster.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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