Il governo lavora alla manovra, evitata la correzione tripla

ROMA. – Il governo incassa il giudizio di Bruxelles sui conti. Evidenziandone le aperture e le disponibilità e non solo le bocciature. Come previsto, la Commissione ha dato tempo all’Italia fino ad aprile, quindi sostanzialmente fino alla messa a punto del Def, per procedere alla correzione richiesta.

Roma avrà quindi due mesi, in definitiva non pochissimo tempo, per decidere come raccogliere 3,4 miliardi di euro. Una cifra che, senza l’opera di convincimento portata avanti dal Tesoro tra i tecnici europei e senza la flessibilità riconosciuta e accordata dalla Commissione, ha rischiato di essere tripla e di sfondare quindi il tetto dei 10 miliardi.

E’ quindi soprattutto sull’altra faccia dell’Europa, quella benevola che va a braccetto con gli sforzi italiani, che al ministero dell’Economia concentrano l’attenzione in questa fase. La Commissione ha riconosciuto l’impegno dell’Italia sulle riforme fatte finora, che certo devono andare avanti, ma che stanno già dando risultati in termini di crescita e occupazione.

Allo stesso tempo, l’Europa ha ammesso “la presenza di fattori che giustificano” l’attuale livello del debito pubblico, attribuendo “a cause di forza maggiore”, cioè a sisma e flusso di migranti, alcune spese extra inevitabili per il Paese. Proprio per questo, Bruxelles, evidenziano a Via XX Settembre, “segnala che per rispettare la regola del debito è sufficiente un aggiustamento del saldo strutturale pari allo 0,2% del Pil”.

Senza le cause di forza maggiore evidenziate dal Governo, il debito avrebbe infatti già assunto una traiettoria declinante. E se la Commissione non avesse riconosciuto la legittimità delle ragioni italiane – puntualizza ancora il Mef – “l’esigenza di correzione dei conti sarebbe stata almeno tripla”.

L’impegno è quindi ora tutto sulla manovra necessaria ad evitare la procedura di infrazione. Una prospettiva che probabilmente non si tradurrebbe in sanzioni concrete (almeno stando agli esempi del passato) ma che costerebbe comunque all’Italia una perdita di credibilità e reputazione sui mercati probabilmente anche più dannosa.

Non a caso Pier Carlo Padoan ha parlato di “interesse nazionale” nella riduzione del debito. Farlo scendere non è un obbligo dettato dall’Europa, ma un vantaggio per tutti i cittadini italiani. Per la correzione si partirà dai tagli alla spesa, probabilmente tra gli 800 e i 900 milioni, si proseguirà con un rafforzamento della lotta all’evasione, allargando lo split payment e, se fosse necessario, la reverse charge, e si tenterà in ogni modo di evitare un aumento delle accise, che pure resta tra le opzioni sul tavolo.

Difficile, di fronte al recente andamento dei prezzi dei carburanti che ha spinto in alto anche l’inflazione, che si intervenga sulla benzina anche se la fonte resterebbe la più semplice e la più sicura. Più probabile invece una misura sui tabacchi e sull’alcol, meno generalizzata e politicamente meno rischiosa.