Incentivi e Jobs Act non bastano, crolla il lavoro stabile

Manovra punta su lavoro.

ROMA. – Incentivi dimezzati e nuovi posti di lavoro dimezzati. E’ la fotografia del 2016 che scatta l’Inps nel consueto Osservatorio sul precariato. Il segnale per il mercato del lavoro certo resta positivo, con un saldo però di appena 82mila contratti a tempo determinato in più, il 91% in meno rispetto ai 933mila del 2015. Il passo, insomma, è molto più lento dell’anno prima quando il Jobs Act era appena entrato in vigore e, soprattutto, era sostenuto dall’azzeramento dei contributi per i nuovi posti stabili.

Il governo comunque difende la bontà del Jobs Act che ha portato, sottolinea Giuliano Poletti, a creare “poco più di un milione” di nuovi posti stabili in due anni. Il rallentamento del 2016, per il ministro del Lavoro, era “prevedibile” ma guardando al risultato complessivo, che per il premier Paolo Gentiloni è “contraddittorio” ma “fondamentalmente positivo”, quella imboccata con la riforma resta “la strada giusta”.

Il 2016, secondo i dati Inps, ha fatto però registrare 340mila posti di lavoro in più, mentre nel 2015 erano stati 628mila, ma con un boom dei precari: il risultato, scrive l’istituto di previdenza “è imputabile prevalentemente al trend di crescita netta registrato dai contratti a tempo determinato, il cui saldo annualizzato, pari a +222.000, ha significativamente recuperato la contrazione registrata nel 2015 (-253.000), indotta dall’elevato numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato”.

I contratti a termine sono aumentati dell’8 per cento mentre per i contratti in apprendistato si conferma il trend di crescita (56.000 unità, +31,0%). Il problema resta quindi la qualità dei posti di lavoro visto che i contratti a tempo indeterminato sono stati nel 2016 763.000 in meno del 2015, con un calo del 37,6%.

Dato che la stessa Inps lega al “forte incremento registrato nel 2015, anno in cui si poteva beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per tre anni”. Ma è guardando poi al saldo tra assunzioni e cessazioni che si evidenzia un vero e proprio tracollo, -91: Nell’intero 2016 sono stati stipulati infatti circa 1,72 milioni di contratti a tempo indeterminato, comprese le trasformazioni, a fronte di 1,64 milioni di cessazioni di rapporti stabili.

Va meglio, comunque, sul fronte caldo dei voucher, in sostanza stabilizzati dopo il boom dei mesi scorsi (8,9 milioni a gennaio, +3,9%), grazie anche ai paletti sulla tracciabilità introdotti a fine anno. E si riducono anche i licenziamenti “il cui numero complessivo – ha sottolineato ancora Poletti – è inferiore rispetto a quello registrato nel 2014, ovvero prima del varo della riforma del mercato del lavoro, al punto che il tasso di rischio di licenziamento è passato dal 6,5% del 2014 al 5,9% del 2016”. A gennaio l’Inps segnala anche un calo del 46% delle ore di cassa integrazione, con un’impennata però della Cig ordinaria (+174,7%) legata però al blocco registrato a gennaio dello scorso anno per l’entrata in vigore delle nuove norme sugli ammortizzatori sociali.

A dicembre, intanto, sono calate del 9,8% anche le domande di disoccupazione e mobilità. Inversa la lettura dei dati da parte di sindacati e opposizioni: se la Cgil vede un “quadro preoccupante” il Movimento 5 Stelle parla di “Waterloo” e di “miliardi sprecati con zero risultati”.

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