Pd, verso le primarie il 9 aprile. Anche Orlando sfida Renzi

Orlando, Renzi, Emiliano.
Orlando, Renzi, Emiliano.

ROMA. – I renziani non mollano e in vista della direzione, che domani voterà su timing e regole del congresso, insistono in commissione Congresso per fare le primarie il 9 aprile. Una data che Michele Emiliano e Andrea Orlando, che oggi ha ufficializzato la sua candidatura contro “la prepotenza della politica”, non condividono chiedendo più tempo per rendere il Pd “contendibile” rispetto a Matteo Renzi.

Una sfida alla leadership che sarà a quattro dopo che anche la coordinatrice torinese dei Moderati Carlotta Salerno ha annunciato che correrà, risolvendo anche il rebus del valore del voto degli iscritti nella prima fase del congresso.

Matteo Renzi si tiene fuori dalla mischia sulle regole. E dalla California, dove ha incontrato Tim Cook e visitato Stanford, fa sapere che il tema su cui dovrebbe confrontarsi una “forza che vuole guidare il paese” non è la data del congresso ma “mostrare l’alternativa” ai populisti.

Ma in realtà nella commissione, che alzerà il sipario sul congresso, è la data delle primarie l’oggetto dello scontro tra le varie anime del Pd. I renziani, che insieme alle altre correnti di maggioranza hanno numeri schiaccianti, sostengono che la data migliore sia il 9 aprile per avere un leader pienamente legittimato in tempo per le amministrative di giugno, visto che il simbolo del partito deve essere concesso dal segretario entro la prima settimana di maggio.

Un leader forte per vincere a giugno, chiariscono i renziani che tornano a liquidare come illazioni la tentazione di Renzi di votare a giugno. Sospetto che ha anche Michele Emiliano: “Temo che tenteranno di non fare il referndum sul jobs act andando al voto”.

I due rappresentanti di Emiliano e Orlando in commissione chiedono, a quanto si apprende, più tempo. E, pur con toni all’insegna del fair play, l’area del governatore avrebbe minacciato ricorsi in tribunale contro anomalie sulla validità del tesseramento. La commissione chiuderà i lavori solo domani mattina e per evitare ulteriori lacerazioni e accuse il punto di caduta per la data delle primarie potrebbe essere il 23 aprile.

“Immagino – chiede il governatore pugliese – sia necessario da parte di tutti coloro che hanno rivolto appelli per evitare la scissione a partire da Prodi, che chiedano alla commissione e al partito che i tempi delle primarie le rendano contendibili”.

Nell’arena, che si annuncia infuocata, scende anche Andrea Orlando. Anche il Guardasigilli, che ha ufficializzato la sua sfida in un circolo romano, corre per vincere e non, chiarisce, “per fare il capocorrente”. Annuncia che una tappa fondamentale della sua corsa sarà simbolicamente a Napoli “dove si è manifestata in tutta la sua potenza la crisi della politica” e del Pd. Ma soprattutto il senso della sua candidatura, che ha raccolto l’appoggio di Nicola Zingaretti, Luciano Violante e l’interesse del sindaco di Bologna Merola, è di ricucire il Pd dopo la rottura dei bersaniani.

“Credo che dobbiamo ricominciare a ricostruire questo partito, prima che sia troppo tardi”, è l’impegno dell’ex ‘giovane turco’, unico ex diessino nella sfida congressuale. Una battaglia che si giocherà soprattutto nei territori dove è in corso un travaso tra le varie correnti alla luce dell’uscita di Pier Luigi Bersani e delle candidature alla segreteria.

Per questo la candidatura dell’unica donna, la torinese Carlotta Salerno, se sembra non aver chance di vittoria, ha però valore nel garantire la prima fase congressuale: se infatti i candidati fossero stati tre, la commissione poteva anche decidere di annullare il passaggio del voto degli iscritti dei circoli che ha l’obiettivo di scremare i candidati fino ai primi 3 ammessi alle primarie.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

Lascia un commento