Grillo scatena una bufera sullo stadio della Roma

Beppe Grillo entra in Campidoglio per partecipare ad una riunione di maggioranza sullo stadio della Roma, il 22 febbraio 2017 a Roma. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI
Beppe Grillo entra in Campidoglio per partecipare ad una riunione di maggioranza sullo stadio della Roma, il 22 febbraio 2017 a Roma. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Una parola di troppo, che ha fatto saltare il piano del M5s di arrivare alla trattativa con le controparti per lo Stadio di Roma con una posizione netta a favore della costruzione dello Stadio, nel rispetto delle regole. A pronunciarla, questa volta, è stato Beppe Grillo: quando si è lasciato sfuggire, prima che avrebbe voluto dare voce ai romani e poi, intervistato dalla Rai, che lo stadio andava costruito altrove. Non a Tor di Valle, ma in una zona che non fosse a rischio idrogeologico.

E’ lì che il M5s si è infilato nel cul de sac della rivolta giallorossa, che ha consentito al patron della Roma, James Pallotta, di minacciare un suo disimpegno in merito agli investimenti sui giocatori, di mobilitare l’allenatore Luciano Spalletti e il presidente del Coni, Giovanni Malagò, al finaco del dg giallorosso Mauro Baldissoni e il costruttore Luca Parnasi, che conducono la trattativa con il Comune.

Il piano M5s era quello di arrivare al tavolo della trattativa in una posizione molto aperturista: il M5s, è stato il ragionamento di Grillo, non può permettersi in pieno clima elettorale di dire un nuovo No ad un’opera, tanto più ad un’opera che i romani-romanisti vogliono. Doveva dire Sì ma alle sue condizioni, che sono poi quelle dettate dalla base grillina: limiti alla cementificazione selvaggia, e quindi riduzione delle cubature, e rispetto dei vincoli ambientali. Il No sarebbe dovuto arrivare, casomai, dalla controparte.

“Tutte le ipotesi sono ancora sul tavolo” è infatti la linea ufficiale con cui il Movimento si è seduto al tavolo della trattativa. Con l’intento di costringere gli altri a piegarsi ad una variazione del progetto, forte del parere dell’avvocatura che consentirebbe di arrivare fino all’annullamento in autotutela della delibera che ha dichiarato l’interesse pubblico dell’opera, nonostante la richiesta di risarcimento danni per 400 milioni di euro.

E’ questa, infatti, l’arma che ha in mano la sindaca ma che resta carica solo fino al 28 febbraio, data ultima per procedere all’annullamento. Le ore sono davvero contate: per questo Virginia Raggi nonostante il malore che le avrebbe consigliato di prendersi un po’ di riposo, si è dovuta rimettere subito in piedi.

I fatti diranno poi come si concluderà questo nuovo braccio di ferro che ha messo a dura prova il Movimento ma che, allo stesso tempo, ne ha finalmente testato le capacità di ascolto e mediazione. Grillo è infatti arrivato a Roma domenica sera con un’unico interesse: vigilare su questa importante partita dello Stadio.

E’ arrivato convinto che l’opera andasse fatta, senza se e senza ma, consigliato, si dice, dall’avvocato genovese Luca Lanzalone. Poi gli incontri con la sindaca, i consiglieri comunali e soprattutto l’opera dei ‘tutor’ Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede lo hanno convinto a trovare una mediazione. Alla quale hanno contribuito anche gli incontri con la fronda ortodossa del Movimento: quelli con Paola Taverna e poi con Roberto Fico e Carlo Sibilia.

Anche con loro, infatti, Grillo si sarebbe confrontato sulla questione dello Stadio, lasciando da parte le questioni delle frizioni interne. Ancora una volta ha invece evitato di incontrare la ‘pasionaria’ Roberta Lombardi, l’unica ad aver lanciato pubblicamente l’allarme sul rischio stadio. Ma vada come vada la partita, anche questa volta, la battaglia potrà dire di averla vinta lei.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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